Paesaggi mistici · Recensione su Filo Diretto Sette

Edite da Effigi le prose inedite di Idilio Dell’Era scoperte da Alfredo Franchi nel Fondo custodito presso la Biblioteca degli Intronati di Siena

La natura, il silenzio, i rumori degli animali e delle piante, la contemplazione degli elementi che mutano al cambio delle ore, dell’alternanza di luce e buio sono gli strumenti che permettono all’individuo, solo in mezzo ad essi, di compiere un viaggio introspettivo e di porre l’anima in una dimensione trascendente.
È la forza di Paesaggi mistici, la raccolta di prose inedite opera di Idilio Dell’Era, per i tipi di Effigi a cura dell’Associazione Idilio Dell’Era. Il volume, un’ottantina di pagine con pregevoli xilografie e immagini di Dario Neri e Duilio Cambellotti, testimonia la notevole sensibilità letteraria di Dell’Era, pseudonimo di Don Martino Ceccuzzi, che ha lasciato questi scritti inediti, custoditi per anni presso la Biblioteca degli Intronati di Siena.
Si deve alla tenacia di uno studioso attento come Alfredo Franchi, filosofo e storico senese, la riscoperta delle prose e la loro divulgazione al pubblico, anche in e-book, dopo cinquant’anni dalla loro stesura.
L’osservazione, anzi la contemplazione degli scorci della città di Siena e delle sue masse, i dintorni, scaturiscono nell’autore un misto di estasi e malinconia, uno spettro di sentimenti contrastanti e di riflessioni sulla dualità della vita e della morte.
Le viuzze di Fontebranda, l’eremo di San Leonardo al Lago o le abbazie di Sant’Antimo e San Galgano sono luoghi capaci di risvegliare l’anima, di toccarne le corde più intime attraverso le descrizioni della natura, del canto degli uccelli e dello stormir di fronde al vento d’autunno.

Nella contemplazione dei paesaggi – scrive il professor Franchi nell’introduzione –, dei luoghi, delle opere d’arte in Idilio Dell’Era (…) si realizzava un raccordo di natura non solamente estetica ma esistenziale nel senso pieno della parola. In ciò che veniva contemplato si rivelava il misterioso intreccio della morte e della vita che sfugge ad ogni analisi meramente concettuale e che, solo allo sguardo incantato del poeta, tra rarefatti bagliori e oscurità improvvise, si manifesta in certi privilegiati momenti dell’esistenza

La liricità delle descrizioni dei paesaggi e della forza con cui essi penetrano l’anima sono un’impressionante pennellata di acquarello, soprattutto laddove Siena viene raffigurata con parole asciutte ma esaustive del concetto intrinseco in esse.

Nessuna città notturna è triste quanto Siena – scrive Dell’Era –: con il manicomio, due cimiteri per parte e il sanatorio di porta Tufi. Tutto affonda nel silenzio e le ore battute dalla torre rintoccano sulle pietre come il suono della campana dei giustiziati

Una città che è fortemente mutata ma che di quelle descrizioni conserva l’essenza. E la conserverà nei secoli.

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