Un ottobre esagerato

Maria Anellini coniugata Pastacorta viveva con soddisfazione mista ad ansia la sua terza maternità. Sua suocera Agata, detta altresì la Draga, si era offesa moltissimo perché alla bambina non era stato imposto il suo nome. “Mamma – aveva provato a replicare Marco Aurelio – hai già una nipote che si chiama Agata, avrebbero avuto lo stesso nome e cognome, non credi che sia meglio così?”.
“No di certo – la Draga implacabile – nella mia famiglia eravamo in tre a essere omonime e non c’è stato mai alcun problema”.
L’offesa draghesca, in realtà, aveva avuto piacevoli ricadute, almeno per Maria.
La grande Agata, infatti, aveva ridotto drasticamente le sue visite a casa del figlio e ciò era fonte di sollievo per la nuora e anche per i nipoti che non sopportavano di essere continuamente ripresi. Ormai Giovanni era in terza media, un ragazzino bellissimo, replicante del padre. Andrea, di un anno più piccolo, non era da meno. I suoi tratti armoniosi ricordavano la madre da cui aveva preso anche una dolcezza di carattere che lo rendeva particolarmente affettuoso con la sorellina.
Era trascorsa l’estate, molto calda e luminosa, le vacanze erano finite, ma il tempo continuava ad essere splendido, forse anche troppo per il mese di ottobre.
Un ottobre esagerato – pensava Maria, mentre passeggiava con la piccola Stella e con Andrea che si divertiva a fare le facce buffe per far ridere la bambina. Sua cognata parlava spesso dell’ottobrata romana, ma anche quella grossetana non era male in quanto a luce e colori.
I grossetani erano abitudinari, gli orari dei negozi brevi e, poco dopo mezzogiorno, anche gli uffici cominciavano a chiudere, tutti andavano a casa a pranzo e non si vedeva più nessuno fino alle quattro del pomeriggio.
Proprio per questo a Maria piaceva uscire nel primo pomeriggio, per le strade deserte e tutte sue, senza incontrare persone curiose, chiacchierone, ciarliere.
Un luminoso dopopranzo ottobrino, con una temperatura ancora estiva, mentre camminava diretta ai giardini pubblici di Viale Ximenes, si sentì chiamare da una Mercedes. “Maria!”. Era Michela, una ex compagna di scuola delle elementari, con cui ogni tanto si sentiva. La trovava francamente un po’ pesante, fissata con i due figli adolescenti e con il marito che era solita chiamare per cognome. “Il Grolli – diceva – è davvero un uomo fantastico, hai visto che azienda ha messo su. Casalinghi, sì, ma import-export con tutto il mondo. Certo, spesso deve andare all’estero, ma cosa vuoi che sia rispetto alla soddisfazione, quella vera, quella che si tocca con mano? Perché, mia cara, ci vogliono i soldi di questi tempi. E lui sa come farli”. Michela, comunque, non era una sciocca, e, mentre il marito si occupava del commercio a livello più alto, lei gestiva un grande negozio di porcellane con perizia e gusto, aiutata dalla sua migliore amica di sempre, Caterina detta Cate, sposata tra l’altro con il cugino del Grolli. Questa amicizia-parentela si era rafforzata negli anni e la Cate era diventata l’alter ego della sua principale, ormai si somigliavano anche, entrambe bionde ossigenate e con una pettinatura vagamente a melone, i tacchi alti e gonne a tubo appena sopra al ginocchio.
“Maria, ti ha fatto bene la gravidanza, sei splendida. E questa bambina è una meraviglia!”. Andrea guardava perplesso la signora Michela, chiedendosi come riusciva a far stare in equilibrio quello strano ciuffo tondeggiante che le si ergeva sulla testa aumentandone la già elevata statura. Michela intanto si stava esibendo in una serie di versi e versetti, dal miagolio alla filastrocca , nel tentativo di carpire l’attenzione della piccola Stella che, dopo qualche minuto di tale esibizione, cominciò a piangere disperatamente con quella cadenza tipica dei bambini molto piccoli fatta da gridi sovrumani alternati ad apnee.
Maria sentì la sua ansia fluttuante aumentare in modo esponenziale, avrebbe voluto avere un interruttore per abbassare almeno il volume degli strilli.
Ma Michela -testa-a -melone non era donna da scoraggiarsi per così poco. Così, quasi divertita, forse soddisfatta di aver comunque catturato l’attenzione della bambina, si rivolse all’amica con grande cordialità. “Maria, sai che facciamo ora? Andiamo a fare una passeggiata al mare così la bimba si calma e noi ci ossigeniamo”. Alla Anellini, come sempre, mancò la prontezza della replica. Non riuscì a dire che in realtà la piccola era tranquillissima fino a cinque minuti prima. Così, in men che non si dica, si ritrovarono tutti sulla comoda ed elegante Mercedes dell’amica e un quarto d’ora dopo giunsero a Marina di Grosseto, deserta, ma brillante nell’ottobrata maremmana.
Lì sì che era “tutta mia la città”, pensava Maria citando mentalmente la nota canzone. Bar e negozi chiusi, quasi un paese fantasma, immemore della recente estate. Però, aveva ragione Michela: si stava proprio bene.
Stellina continuava ad essere agitata e Andrea, fratello premuroso, cercava di calmarla mentre passeggiavano sul primo viale. “Mamma!” urlò d’un tratto. Maria, già in precario equilibrio, lo guardò preoccupata. “Senti un po’ cosa ha fatto Stellina!” E arricciò il naso allontanando il viso con una smorfia.
“Oh, mamma mia – Maria agitatissima – ci mancava. Va cambiata, torniamo subito a Grosseto!”
“Ma no – Michela sorridente e risolutiva – se hai dietro il cambio, e ce l’hai, sei una madre esperta, possiamo andare a casa mia, a Rosmarina, così vedi le modifiche che ho fatto ultimamente. Figurati, io ci abiterei tutto l’anno, ma quando riaprono le scuole bisogna per forza tornare in città. Comunque, dai, andiamo, così la cambi e rimaniamo ancora un po’ sul mare”.
La casa per la villeggiatura della famiglia Grolli era una deliziosa villetta, immersa nel verde della pineta e circondata da un ampio giardino attrezzato con altalene e attrezzi per la ginnastica, oltre che di un’amaca e uno sfizioso salottino con dondolo. Andrea prese subito ad esercitarsi con le varie strutture ginniche presenti, mentre Maria e Michela entravano in casa per provvedere alle necessità della piccola Stella. Michela fece strada, orgogliosa di mostrare una così accogliente dimora. “Vedi, Maria, per l’arredamento ci siamo affidati all’architetto Badi, d’altra parte la mano del professionista si vede. Ma vieni, andiamo in camera mia, così stai più comoda per cambiare la bambina”.
Con piglio deciso, Michela spalancò la porta della sua stanza da letto, ma …
Maria ricordò per sempre quel momento come uno dei più imbarazzanti della sua vita. Lei e l’amica sulla porta e nel letto il Grolli, ma non da solo.
Lì per lì Maria, nella confusione estrema della sua mente, pensava di avere le visioni. Le pareva che Michela fosse nel letto col marito, ma non era possibile, dato che era in piedi accanto a lei. E non era un suo doppio, come nei racconti di fantascienza. No, la bionda tinta con pettinatura a melone che vedeva discinta e atterrita non era Michela, no. Era la sua controfigura, Caterina detta Cate. Silenziosamente, la padrona di casa e la Anellini arretrarono, si guardarono negli occhi ed uscirono precipitosamente, recuperando al volo Andrea e ripartendo immediatamente verso la città. Il ragazzino, che fortunatamente si era trattenuto in giardino, era perplesso. “Mamma, ma Stellina puzza, perché non l’hai cambiata?”.
“Non veniva l’acqua” rispose prontamente Michela, mentre Maria pensava a cosa avrebbe dovuto rispondere.
Il breve viaggio di ritorno fu privo di commenti e di parole.
Nei giorni seguenti Maria visse una fase di estrema confusione. La spiacevole scena a cui suo malgrado si era trovata ad assistere l’aveva catapultata in una realtà che avrebbe preferito non conoscere. Certo non aveva intenzione di parlarne con nessuno e tantomeno fare pettegolezzi. Però, Marco Aurelio notò il suo umore decisamente cupo e particolarmente instabile, per cui, dopo alcuni giorni, le chiese cosa stava accadendo, se non stava bene o era preoccupata per i figli. Maria non riuscì a mentire e raccontò della breve gita con sorpresa.
Marco Aurelio, da comprensivo e premuroso, divenne immediatamente rigido e alterato. Era davvero un fatto sgradevole e ancor più sgradevole era che sua moglie fosse in qualche modo coinvolta. “Veramente – disse lei con voce flebile – più che coinvolta sono stravolta”.
“Sì, certo. Comunque, guarda, tagliamo corto. I Grolli sono ottimi clienti della banca, tu non devi fare parola con nessuno di ciò che hai visto. Riservatezza massima e dimentica tutto”.
Una parola – pensava la Anellini. Come avrebbe fatto a dimenticare? Non parlarne era possibile, scordarsi la squallida visione del Grolli con la Cate non era così semplice.
Comunque non disse niente neppure alla sua amica del cuore, Maria Sandrelli. Non voleva in alcun modo che la chiacchiera passasse di bocca in bocca.
Il 29 ottobre per l’appunto, era il compleanno della sua amica e si erano date appuntamento al bar Martinelli per festeggiare con un tè. In una saletta al piano superiore sedevano le due Marie con Stellina e Martina. Stavolta i maschietti erano rimasti a casa.
Mentre sorseggiavano l’aromatica bevanda, ecco che videro materializzarsi Michela. La Anellini si sentiva male, era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere. Notò che aveva cambiato pettinatura, si era tolta il melone e i capelli erano raccolti in uno chignon molto più sobrio. Anche l’espressione era cambiata. Non avrebbe saputo dire come, ma non c’era più quell’ottimismo consueto che l’aveva sempre caratterizzata.

Erano trascorsi quindici giorni dalla gita fatale, l’ottobre era meno esagerato e si stava trasformando in novembre. Così, parallelamente, si stava modificando Michela, molto meno luminosa e solare e con una piega amara della bocca.
Maria Sandrelli, non sapendo niente, le chiese come stava e lei si mise a piangere, mentre la Anellini, imbarazzata e terrorizzata, cercava di controllare la situazione, peraltro senza riuscirci. Soprattutto era preoccupata per la presenza di Martina. A dieci anni non era bene che conoscesse certe storie, ma, sveglia e curiosa come era, aveva già drizzato le antenne e cercava di capire cosa era successo.
“Il Grolli – diceva Michela – è un mostro. Vero, Maria?” Rivolgendosi alla Anellini.
Maria Sandrelli intuiva che fosse questione di corna, ma anche lei preferiva non parlarne davanti a Martina. D’altra parte, però, era anche curiosa e invitò la figlia ad andare a prendere una tazza di cioccolata al piano di sotto.
Così Michela raccontò della scoperta fatta insieme alla Anellini che era sempre più preoccupata pensando alle raccomandazioni del marito.
“Ma poi – soggiunse la ex-testa a melone – il peggio è ciò che è avvenuto dopo”.
“Il Grolli e la Cate cercano di farmi passare per pazza, dicono che lei lo stava aiutando a modificare l’arredamento per farmi una sorpresa”.
“Ma dai! – esclamò Maria Sandrelli – E il marito che dice?”.
“Beppino? Che vuoi che dica. Lui e il Grolli sono cugini e pure omonimi, tanto che in famiglia li chiamano Beppe e Beppino. Ci sono due anni di differenza e pare che in gioventù si siano sempre passati le ragazze. Io lo sapevo, ma credo che avessero smesso”. E giù lacrime.
“E tu cosa pensi di fare?” Le chiese la Sandrelli.
“Non lo so, mi pare di sognare. Ho detto che almeno Caterina non deve più lavorare con me e lei non si è più fatta vedere. Ma ieri indovinate chi è venuta in negozio entrando come una furia?”.
“Chi?” la Anellini ormai curiosa.
“La zia del Grolli che poi è la mamma di Beppino e la suocera di Cate. Era furibonda”.
“Certo – commentò Maria Sandrelli – con quella baldracca di nuora che si ritrova!”.
“Ma no, che hai capito, era furiosa con me!”.
“Con te? O questa?”.
“Sì, con me – proseguì Michela tra i singhiozzi. – Ha detto che io sono una squilibrata e sua nuora una donna onesta, che mi sogno le cose e voglio rovinare due famiglie. Che mi devo curare e, soprattutto, devi riprendere assolutamente Caterina al lavoro che se no ci pensa lei, ha un cugino sindacalista e mi fanno una vertenza”.
“Caspita! E il Grolli?”.
“Il Grolli è partito per la Romania con due suoi amici, ha detto che andava a caccia. A questo punto non voglio sapere che genere di caccia, non ci avevo mai pensato, ma ora invece…”.
“E i tuoi figli?”
“Ho provato a parlare con Lalla che ormai ha diciotto anni. Lei mi ha detto che non crede che suo padre faccia cose del genere e che, comunque, anche se fosse vero, la famiglia deve restare unita e il patrimonio ancora di più”.
“Ah” commentò la Anellini a cui le parole difettavano più del solito.
“E dunque cosa pensi di fare?”
“Non ne ho idea. Però vi chiedo un piacere: cercate di capirmi, almeno voi, non mi abbandonate”.
Le due Marie le si avvicinarono e la abbracciarono e così le trovò Martina risalendo dopo la cioccolata obbligatoria. Tre donne che si tenevano strette, dolorosamente solidali.
E questa fu l’unica consolazione di Michela che si tenne il marito fedifrago, riprese al lavoro la Cate e, non solo, due mesi dopo fu costretta a festeggiare il Natale con tutta la famiglia Grolli, compreso Beppino con madre e consorte.

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