Tre donne, Carloforte e un braccio perduto: il mistero si cela in “Colpo di mare”

Chi racconta una storia non deve cercare coerenza nei suoi personaggi. La verità di una persona è più nelle contraddizioni che nella logica». Con saggezza mista a follia Christiana de Caldas Brito regala un intrigo dove dominano tre donne ma co-protagonista è Carloforte. “Colpo di mare” va letto come un’insolazione: fra molte possibili verità, la magia del Boto («né pesce né uomo»), una zucca arancione e strade che si intrecciano, biforcano, confondono tra Roma, la Sardegna (o dovremmo considerare Carloforte “terra genovese”?) e il Brasile.

Elisa viene chiamata a scrivere la biografia dell’inquieta pittrice Flora. Lei già sa che i racconti orali e quelli su carta non sono quasi parenti. Flora è cresciuta con la fida Bozena (più angelo custode che cameriera), con il padre amatissimo, con una sorella ostile e con la madre durissima che le rivolge solo «parole-tuoni» e «parole-scarpe già strette prima di essere usate». Il suo mondo è come il quadro di Salvador Dalì “La giraffa infuocata” dove nel corpo di una donna si celano molti cassetti, pieni di segreti. O forse come il quadro del Carpaccio “La stanza di Sant’Agostino” dove bisogna cercare negli angoli e ascoltare ciò che non si dice.

Man mano che Elisa scrive la biografia corre il più classico dei rischi: diventare lei stessa un personaggio… Bisognerà cercare un antidoto pur sapendo che «la vita di ognuno è un filo che forma nodi con altri fili». Si pensa al «presente mobile e fugace» contrapposto al passato «cristallizzato e rigido». Ma anche il passato di Flora e degli altri «è soggetto a mutamenti». Il nodo da sciogliere è certamente a Carloforte: se la testa non vuole capire forse il corpo svelerà il segreto.

Per Flora la statua di Carlo Emanuele III (con il suo braccio misteriosamente perduto) è «il cuore di Carloforte», quasi come la chiesa di Santa Maria degli schiavi. Ma il segreto di Flora – che non sa nuotare o forse ne ha perso memoria – è nel mare. In un improvviso capovolgimento di prospettiva, ecco la sua verità: «Fatta di contatti, odori, corpi che si toccano, confessioni che non vengono fatte, rumori ascoltati dentro, suoni che vibrano, ricordi impiantati sulle dita finché non raggiungeranno la coscienza»; ma è una verità, altre verranno. Gran libro, si vorrebbe non finisse. Peccato che la brasiliana (ma in Italia ormai dal 1990) Christiana de Caldas Brito scriva poco: i suoi due romanzi e i molti racconti sono una gioia.

Daniele Barbieri

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