“Templari, Cavalieri di Malta e Santo Stefano in Maremma: i Custodi del Santo Sepolcro” a Gavorrano

Nel magnifico centro di Gavorrano avrà luogo la presentazione “Templari, Cavalieri di Malta e Santo Stefano in Maremma: i Custodi del Santo Sepolcro” il giorno domenica 20 agosto 2017 alle ore 17.30 nel Castello. A fare gli onori di casa il Dottor Loriano Salvucci, Proprietario Castello di Gavorrano, e a portare i saluti dell’Amministrazione la Avvocatessa Elisabetta Iacomelli, Sindaco di Gavorrano, moderatore il Dr. Claudio Galdi, Presidente Pro Loco di Gavorrano, e interventi della Dr.ssa Chiara Benedetta Rita Varisco, Direttore La via dei Cavalieri, e del Cav. Prof. Alessio Varisco, Autore e Direttore della collana Domus Templi delle Edizioni Effigi di Arcidosso.

La presenza dei Cavalieri in Maremma è molto radicata, grazie soprattutto alla presenza della famiglia degli Aldobrandeschi che avevano molti castelli, si diceva quanti i giorni dell’anno, e i loro possedimenti si estendevano su ampia parte della Tuscia. In molti casi abbiamo l’indicazione del seppellimento, come di consueto, di alcuni membri della nobile schiatta con gli armamenti, successivamente al determinarsi dei “Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis”, invece, non è raro trovare lasciti di propri beni, e talvolta anche della spada –segno distinguente dell’appartenenza ai “Bellatores” e quindi alla Nobiltà-, lasciati ai Templari. L’area grossetana ospitava uno dei più antichi insediamenti, in Sancta Maria Alborensis la roccaforte dei Cavalieri del Tempio, che dominavano le saline e presidiavano tutta l’area dall’alto dei Monti dell’Uccellina. Il processo ai Templari portò dapprima l’Arcivescovo di Pisa, filo francescano, a tentare di applicare quanto operato dall’insigne giurista brianzolo, Beato Rainaldo da Concorezzo, ed Arcivescovo di Ravenna che prosciolse con formula piena i Milites Templi. Purtroppo in Toscana tutti i templari finirono in San Jacopo in Corbolini quando morì il presule pisano e quello fiorentino volle, invece, ascoltare le direttive del Sommo Pontefice Clemente V, l’autore del trasferimento sotto la spinta di Filippo IV –detto “il bello”- e suo lord protector-, che dava piena facoltà di estorcere con la tortura le “conefessioni” ai Tempieri.

Il passaggio ai Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, di Cipro, di Rodi e infine di Malta portò a dover difendere l’area del “Priorato d’area tirrenica” dalla Repubblica di Siena che tentò di espugnare tutte le terre dei Giovanniti.

Nel 1561, nonostante il delibato del Concilio di Trento che proibiva la costituzione di nuove Commende, Cosimo I de’ Medici chiese al Sommo Pontefice Pio IV di approvare l’Ordine Equestre mediceo. Nel 1562, concedendo la Regula Benedicti per i religiosi, la Santa Sede eresse canonicamente il “Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire” che era l’unico modo per il riconoscimento della Nobiltà nel regno d’Etruria, di lì a poco riconosciuto dal Papato e dall’Imperatore “Granducato di Toscana”, concedendo in perpetuum al “Dux Florentia et Senarum” il titolo di Gran Maestro dell’Ordine. Nacque un ordine cavalleresco sul modello della Sacra Militia giovannita, al negativo la croce ottogona (la stefaniana è rossa filettata d’oro in campo bianco, mentre quella melitense è d’argento in campo rosso), dedito alla tutela del Mar Tirreno contro le scorrerie saracene, tanto che divenne “Ordine marinaresco” contro le empietà dei predoni musulmani che assaltavano i villaggi, facendo razzie, uccidendo uomini, bambini e anziani, stuprando le donne. Diverse delle strutture del glorioso Ordine di San Guglielmo da Malavalle, inglobato negli “Eremiti Agostiniani”, passò ai Cavalieri del Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire che edificarono molte torri d’avvistamento lungo la costa a presidio del territorio. La bandiera dei templari, ora geometrizzata dagli Stefaniani, presidiava i mari contro le barbarie e a difesa della Chiesa, il loro naviglio, ospitato nella fortezza medicea a Livorno, rappresentava una vera eccellenza, tanto che da tutt’Europa diversi nobili rampolli si iscrivevano all’Accademia di Marina dei Cavalieri di S. Stefano, la cui sede era nel Palazzo della Carovana di Pisa, in Piazza dei Cavalieri -interamente progettata dal grande architetto Giorgio Vasari-, ove richiedendo al Serenissimo Gran Maestro e Granduca di poter essere rivestito del “manto stefaniano”, il quale nel Palazzo del Consiglio dei Dodici, sede oggi dell’Istituzione e dell’Accademia dei Cavalieri di Santo Stefano, poteva concedere “diaseli l’Habito” e concedendo loro il riconoscimento dello status di “Militi”, per Giustizia (vantando i 4/4 di Nobiltà), per Grazia (in casi eccezionali e grandi servigi alla Corona), per Patronato (istituendo una Commenda).

 

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