La ragazza di Isaia

Il mio primo ragazzo si chiamava Isaia, anzi, si chiama, perché è vivo e vegeto, solo che non vive più a Orbetello, la cittadina lagunare in cui mi pregio di essere nata trentacinque anni fa.
Eravamo una bella coppia, Patrizia e Isaia, tanto che per tutti ero “La ragazza di Isaia” e, per trasposizione, gli amici cominciarono a chiamarmi Zazà, come il personaggio della nota canzone.

Era la festa di San Gennaro,
Quanta folla per la via.
Con Zazà, compagna mia,
me ne andavo a passeggià.

L’“io narrante della canzone” è, per l’appunto, un certo Isaia che porta la bella Zazà alla fiera e lì lei scompare. Niente di drammatico, per carità, è solo una canzone.

Dove sta Zazá?!
Uh, Madonna mia…
Come fa Zazá,
senza Isaia?…
Pare, pare, Zazá,
che t’ho perduta, ahimé!

Me la canticchiava anche il mio Isaia, spesso e volentieri, diceva che la protagonista della canzone doveva essere proprio come me, magra, scattante, allegra e mutevole.
In effetti, a diciotto anni, ero una specie di folletto vivace a cui piaceva ballare e cantare, agitando la mia chioma folta e riccia come un vessillo speciale.
Il mio fidanzato, però, non immaginava che ci fosse qualcosa di profetico nei versi che citava sovente.
Accadde il giorno del mio ventesimo compleanno, il 31 maggio, mentre stavamo festeggiando in un locale sull’Argentario.
Lui avrebbe preferito una cena romantica tête-à-tête, ma io definivo “statica” una serata del genere.
Così finimmo in discoteca e mi esibii nelle danze più sfrenate, mentre Isaia mi guardava ammirato, orgoglioso di essere il ragazzo di Zazà.
E poi… non ci crederete, accadde proprio come nella canzone, solo che, anziché sulla via, il tutto avvenne tra luci psichedeliche e musica a palla.

Nel momento culminante
Del finale travolgente,
‘Mmiez’a tutta chella gente,
Se fumarono a Zazá!

Ebbene sì, sono praticamente scomparsa dalla vista del povero Isaia. Il fatto è che, mentre ballavo, il mio sguardo si è incontrato con quello di un giovane bellissimo, fate conto il Brad Pitt di Thelma e Louise.
Insomma, mettetevi nei miei panni, di passo in passo di danza, ci siamo avvicinati e presi per mano e siamo scappati nella profumata notte argentarina.
Isaia l’ha presa male. Così tanto, che due mesi dopo si è trasferito a Londra, per lavorare come barman, e non è mai più tornato. Pazienza.
Comunque, ho continuato a essere Zazà, ormai mi chiamavano tutti così, tanto più dopo la mia fuga del compleanno che divenne in breve leggendaria.
Con il bellone della discoteca, la storia non è durata molto, era vuoto come una zucca, praticamente “bello e oco”, per cui a settembre la faccenda era già chiusa, ma non ero pentita affatto. Anche perché, nel frattempo, avevo aperto insieme a mia zia Grazia (un’altra gemelli, di soli cinque anni maggiore di me), un simpatico locale sulla laguna, dove servivamo piatti veloci e frizzanti aperitivi, naturalmente con musica dal vivo.
Io e la mia giovane zia ci somigliamo abbastanza, sia nel fisico che nei modi. Anche lei è agile e con la battuta pronta, abilissima negli affari.
Così la nostra piccola attività fiorì in modo inaspettato e, mentre all’inizio non aveva nome, quando fu il momento di mettere un’insegna, la chiamammo “Le due Zazà”.
Ci siamo sempre divertite un mondo insieme, fin dall’infanzia, anche perché la nostra è una famiglia a prevalenza femminile e con donne particolarmente loquaci.
Mia madre, oltre a Grazia, ha altre tre sorelle, io ne ho due e già siamo a sette.
Poi la mia zietta/socia ha avuto una figlia (senza marito, però) che ora ha quattordici anni ed è, guarda caso, anche lei una gemellina, nata il 15 giugno.
Per quanto mi riguarda, ho cambiato in media un fidanzato ogni due anni, ma ancora non mi sento pronta per una vita familiare.
Ovvero: la famiglia ce l’ho, e numerosa, otto donne chiacchierone, non è poco!
Gli affari, in questi anni, sono andati talmente bene, che abbiamo aperto anche un vero ristorante, dove mia madre e una delle sue sorelle cucinano prelibatezze di mare, freschissime, appena pescate dai loro mariti.
Ma la vera idea geniale (tutta mia, modestia a parte) è legata al nome del ristorante, “Gli arcani maggiori”.
Negli anni, infatti, una inguaribile curiosità mi ha spinto a cercare qualcosa di diverso e, dopo l’aromaterapia, il reiki, la danza del ventre e la meditazione, sono approdata allo studio dei tarocchi e ho imparato a leggerli. Credetemi, sono brava. Sarà il caso, un po’ d’intuito, la facilità di parola, ma, insomma, ci azzecco quasi sempre. Così, a “Gli arcani maggiori”, non si mangia solo pesce squisito, ma, se si raggiunge una certa soglia di spesa, si ha diritto a una lettura di tarocchi, naturalmente fatta da me.
Ora, è pur vero che all’Argentario ci sono tanti ristoranti con menu di mare, ma solo nel nostro è prevista una lettura delle carte in omaggio. Questo ha moltiplicato la clientela, viene gente da Roma o anche da più lontano, ormai la voce ci è sparsa e le prenotazioni sono davvero tante, abbiamo liste di attesa piuttosto lunghe.
Io mi diverto molto, mi sento un jolly, una sorta di carta vincente e vivace.
Come dico spesso ai miei clienti, sono un Bagatto, un giocoliere sempre attivo, ma rimango pur sempre quella mutevole e brillante Zazà che un tempo fu la ragazza di Isaia.

Fulvia Perillo

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