“Giovanni Paolo II – Pellegrino in terra di Maremma” di Silvano Polvani

TITOLO:Giovanni Paolo II Pellegrino in terra di MaremmaGiovanni Paolo II, Pellegrino in terra di Maremma

AUTORE:

Silvano Polvani

FORMATO: brossura
PAGINE: 225
EDITORE: Effigi
COLLANA: Nuovi Saggi
ISBN: 978 88 6433 119 5
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2011
PRODUZIONE: C&P Adver di Mario Papalini
PREZZO: euro 15.00

Molto opportuno giunge il libro di Silvano Polvani Giovanni Paolo II – Pellegrino in terra di Maremma: è il racconto della visita pastorale che il 21 maggio 1989 portò papa Giovanni Paolo II a calcare il suolo grossetano. La visita ebbe inizio con l’atterraggio dell’elicottero papale nel piazzale antistante agli uffici direzionali dello stabilimento industriale della Nuova Solmine S.p.A. di Scarlino, e questo è già molto indicativo rispetto al senso e al significato che il Santo Padre aveva in animo di dare alla sua venuta, con la sua presenza e con le sue parole.

E’ opportuno questo libro perché nel ricordare e raccontare quella splendida domenica dà occasione per una riflessione molto profonda e articolata sull’importanza della dimensione del lavoro all’interno del cammino dell’esistenza umana attraverso le parole di Giovanni Paolo II, sia pronunciate nel corso delle varie cerimonie che durante quella giornata si alternarono, sia attraverso estratti dall’enciclica Laborem Exercens. Un tema e una riflessione, come si intuisce facilmente, di attualità bruciante.

E una attualità che non è mai tramontata, ma che si vive in maniera più o meno preoccupante in rapporto alle congiunture storiche ed economiche che le fanno da cornice: «Anni difficili sul fronte del lavoro» dice Luigi Mansi, presidente della Nuova Solmine, nella presentazione di questo volume ricordando il 1989 e la cronaca della politica industriale di quel periodo in questi luoghi. Oggi la questione occupazionale ha raggiunto abissi difficilmente superabili se non in maniera traumatica e oltretutto alla presenza di un quadro totalmente differente rispetto alla fine degli anni ottanta

Il 1989 è un anno cardine. E’ l’anno della fine del mondo per come lo conoscevamo fino a quel momento. Vale la pena ricordare che sono i giorni della caduta del muro di Berlino, o dei disordini cinesi di piazza Tienanmen; inoltre è allora che Achille Occhetto decreta la fine del Partito Comunista Italiano e, in URSS, viene abolito l’articolo 6 della costituzione che definisce il ruolo del Partito Comunista come guida della società. In dicembre Michail Gorbačëv si recherà in visita a Città del Vaticano proprio per incontrare Giovanni Paolo II. Stava cambiando tutto: incidentalmente, è anche l’anno di nascita del World Wide Web.

Nuovi paradigmi andavano a sostituire i vecchi, tirava un’aria di smarrimento disarmante in quel 21 maggio 1989. Il papa in terra di Maremma fu un elemento di intensa e importante aggregazione per la comunità, per la città e la provincia: « […] come una grande famiglia che vibrava all’unisono». 

La scrittura del libro si sviluppa muovendosi alla maniera di un carrello cinematografico, una sorta di zoom storiografico dal panoramico al particolare. Inizia da lontano nel tempo menzionando la precedente visita di un papa a Grosseto (che risale al 1130 con Innocenzo II, 850 anni prima) per poi sorvolare la pianura del Casone durante i primi anni sessanta quando questa si apprestava a cambiare definitivamente il proprio volto diventando un distretto importante in termini industriali. Infine atterrare sulle stesse parole del Santo Padre in apertura della sua visita pastorale, introdotte dai discorsi di benvenuto dei dirigenti e degli operai della Nuova Solmine.

Parole che affrontano il tema della “centralità dell’uomo”, nell’ambito lavorativo. Il papa era stato cavatore in gioventù, quindi aveva vissuto sulla sua pelle le necessità e le contraddizioni del lavoratore della miniera. Un papa ex operaio, sorta di unicum nella storia millenaria del papato. Anche per questo l’incontro con quel tipo di umanità risvegliava in lui antiche reminiscenze mai del tutto sopite. Prendendo spunto dalle sue stesse parole, in un certo qual modo, l’uomo lavoratore potrebbe essere definito un sub-creatore:

“[…] il lavoratore è chiamato da Dio ad inserirsi nel suo piano creativo e a diventare, in un certo senso, creatore egli stesso. Da ciò deriva una conseguenza immediata e importante, sulla quale mi sono soffermato nella mia enciclica sul lavoro umano: qualunque sia il livello in cui opera o la categoria alla quale appartiene, il lavoratore nell’esercizio della propria attività deve poter diventare più uomo e non già degradarsi e umiliarsi per effetto del suo stesso lavoro.”

La dignità del lavoratore ha insomma radici profondissime ed è una delle chiavi di volta dell’intera riflessione su questo particolare tema. In più, lo scopo del lavoro non deve e non può che essere l’uomo stesso e non viceversa. Ovviamente si tratta di un discorso molto vasto che si articola in tutta una serie di coniugazioni di temi, argomentati e citati nel libro con la dovuta ampiezza e opportunità di riflessione. Si tracciano i confini di un pensiero, di una visione del mondo e della vita di grande spessore, profondità e impegno.

Ma non si tratta solo di principi e di concetti buoni per essere stampati sui libri e poi riposti negli scaffali: le idee espresse nelle encicliche citate si sono tradotte in presa di coscienza e conseguente fattiva, solerte azione da parte di molti lavoratori, sindacalisti e clero partecipante alle vicissitudini industriali e occupazionali di questo territorio. Fra l’altro, occorre sottolinearlo di nuovo, in un momento storico e politico del tutto particolare non estraneo ad una qualche cupezza di fondo. Vengono raccontate le vicende che hanno visto la traduzione concreta dei principi di solidarietà messa in pratica, ad esempio, dall’allora vescovo di Grosseto Angelo Scola e dall’allora vescovo di Massa Marittima Angelo Comastri nel corso di quelle preoccupanti congiunture del mercato occupazionale. Era il 1991:

“A Comastri si aggiunse il vescovo di Grosseto Angelo Scola e i due, congiuntamente, firmarono un telegramma che fu inviato al presidente del consiglio Giulio Andreotti, al ministro dell’industria Guido Bodrato, al presidente e vicepresidente dell’ENI. I due vescovi ricordavano a quanti operavano nella cosa pubblica il dovere che recentemente era stato ribadito da papa Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus di «non separare mai il lavoro dall’uomo che lavora. Non è mai possibile – scrivevano – limitarsi ad una logica di profitto senza tener conto del diritto fondamentale dell’uomo al lavoro»”.

Quindi la rievocazione riprende. La visita pastorale prosegue alla volta di Nomadelfia, dove il Santo Padre si trattenne per il pomeriggio. Si raccontano la nascita e la prosperità di quella comunità, anche dopo la morte del suo fondatore, don Zeno Saltini.

Negli anni della guerra fredda le riflessioni e le numerose attività e iniziative di Don Zeno non mancarono di destare preoccupazione e di assumere connotati controversi negli ambienti più conservatori anche della compagine cattolica. Il suo ruolo di primo piano però, questo parroco originario di Fossoli di Carpi, se lo seppe conquistare caparbiamente facendosi strumento, fin dagli esordi del suo cammino, di «un programma di “rivoluzione sociale” su cui si doveva riplasmare una nuova civiltà basata sui principi cristiani».

Però, nel 1952, Don Zeno lo aveva predetto alla sua comunità: «Un giorno il papa vi abbraccerà». Così è stato nel pomeriggio di quel 21 maggio 1989:

“Quando sul palco salì il Santo Padre, come un fremito passò tra le fila delle sedie allineate con cura e scosse tutti quanti erano lì per vedere, per ascoltare o anche soltanto per poter dire: «C’ero anch’io». L’applauso da timido divenne incontenibile. E sottolineò tutti i passi del discorso che il papa rivolse loro. «Sono venuto – disse – per vedere dove e come la comunità vive ed opera… Siete una comunità parrocchiale inserita nella realtà pastorale della diocesi, ma siete, in maniera più specifica, una parrocchia che si ispira al modello descritto dagli Atti degli Apostoli».”

Giunge così il momento di lasciare anche Nomadelfia e la giornata grossetana di Giovanni Paolo II si conclude allo stadio olimpico, con una solenne messa alla presenza di circa venticinquemila persone. L’itinerario di senso spirituale stava per compiersi: l’omelia avrebbe dato occasione ad una serie di esortazioni rivolte agli uomini e alle donne della terra di Maremma:

“[…] affrontate i problemi e le istanze che si presentano nella vostra situazione sociale e culturale. In questa vostra terra, ricca di realizzazioni e di promesse, impegnatevi sempre più per la realizzazione di un progresso destinato a favorire ogni uomo e ogni donna nel proprio sviluppo spirituale e materiale. Ma impegnatevi anche nel lavoro di una nuova evangelizzazione, in uno scambio di esperienze e di ideali ispirati alla fede, portata in questa vostra terra fin dai tempi antichi dai vostri antenati. Nel tormentato groviglio della società moderna, così inquieta e così fragile, non lasciatevi mai distogliere dai vostri principi di fede.”

E così si conclude anche il libro di Silvano Polvani, non prima però di un ampio estratto dall’enciclica papale Laborem Exercens, pubblicata nel settembre del 1981. Qui il tema del lavoro in quanto tale viene affrontato nei suoi tratti fondanti e nelle sue ragioni profonde: i diritti della persona, il ruolo dello Stato, il respiro internazionale delle problematiche afferenti al mondo del lavoro, l’importanza della politica e di una visione lungimirante, la necessità di una pianificazione, la responsabilità di «[…] agire contro la disoccupazione, la quale è in ogni caso un male e, quando assume certe dimensioni, può diventare una vera calamità sociale».

Vale la pena di sottolineare che il concetto di progresso viene declinato in queste pagine attraverso una accezione che si allontana molto dall’uso che se ne fa, ad esempio, nella vulgata mediatica al quale siamo abitualmente esposti. La parola progresso non è sinonimo di tecnologia; ma, più semplicemente, può voler dire tendere ad una elevazione della dignità dell’essere umano, ad un allargamento dell’orizzonte delle sue scelte, a concepire il lavoro come strumento di crescita e non di avvilimento. Privilegiando dunque la categoria dell’essere (diventare migliori) più che quella dell’avere (possedere migliori strumenti). E’ in questo modo ulteriormente ribadita la centralità dell’uomo di cui le macchine non rappresentano che una appendice, non viceversa.

Conviene dedicare una buona quota di attenzione a questo volume fra l’altro corredato di un ricco repertorio fotografico che scandisce attraverso un gran numero di immagini il ricordo di un giorno così importante per la città di Grosseto e per tutta la Maremma.

Massimiliano Cavallo

Cliccando qui è possibile vedere i video di presentazione alla stampa di questo volume avvenuta presso la diocesi di Grosseto il giorno 30 aprile 2011.

Invece cliccando qui si raggiunge la video-intervista (anche in trascrizione) a Silvano Polvani che parla di lavoro, Maremma,  papa Wojtyla, 1989 e concertazione.

Silvano Polvani è nato ad Arezzo nel 1953, vive a Gavorrano, è sposato ed ha due figli.
Dal 1977 al 2010 è stato dirigente della CGIL di Grosseto come segretario provinciale dei lavoratori metalmeccanici, chimici e minatori. La sua attività sindacale è stata segnata dalle significative vertenze provinciali quali quella con l’ENI per la chiusura delle miniere di Niccioleta e Campiano, le vertenze nell’area del Casone con la Nuova Solmine, Huntsman Tioxide, le ditte appaltatrici, le vertenze Rimin, Eurovinil, Sitoco e Sipe Nobel.
Attualmente lavora a Grosseto presso l’ente bilaterale FIADA.
Esperto di storia locale è spesso chiamato in qualità di relatore a convegni regionali e nazionali che hanno al centro la memoria e la storia dei minatori.
Ha al suo attivo, sempre sul tema delle miniere e dei minatori, numerosi interventi in televisioni, riviste e giornali locali e nazionali.
Ha pubblicato i volumi: Sicurezza e prevenzione, La vertenza ENI, L’industria chimica del Casone, Miniere e Minatori, Cento anni del sindacato minatori, Fonditori tornitori e… minatori nella città di Follonica,  Lavoro e libertà alla miniera di Gavorrano, Il germoglio dello Statuto dei Lavoratori, Com’era rossa la mia terra (raccolta di racconti).


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