Gabriella Bartalucci e il barone Edward Herbert di Cherbury

Dalla tesi di laurea ai primi tre libri

Gabriella Bartalucci è una ex insegnante di scuola Media superiore, residente nella città di Grosseto, che sta portando avanti da circa un decennio un progetto di studio e di nuovo e più incisivo inquadramento storiografico del pensiero del filosofo e barone Edward Herbert di Cherbury (1582-1648), un importante, anche se poco conosciuto, intellettuale inglese del 1600. Il suo interesse per il filosofo risale però ai tempi dei suoi studi universitari, quando, dopo aver conseguito il diploma di maturità classica, Bartalucci si iscrive alla facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze in cui all’epoca insegnano docenti di grosso calibro come Eugenio Garin, Cesare Vasoli, Ernesto Ragionieri, Rosario Villari, per citarne solo alcuni. L’interesse di Bartalucci si focalizza soprattutto sulla Storia della Filosofia morale e sull’importanza del platonismo e della tradizione ermetica nel pensiero religioso rinascimentale. Oltre a seguire le lezioni di Eugenio Garin sul Timeo di Platone e quelle di Paola Zambelli su Marsilio Ficino, approfondisce la filosofia moderna e in particolare il pensiero politico-religioso di Hobbes e di Spinoza con Cesare Vasoli. Con Vasoli, a fine studi, programma una tesi sul pensiero religioso di Herbert di Cherbury che, iniziata per inquadrare i rapporti del filosofo inglese con il libertinismo francese, si traduce, da parte di Bartalucci, in una scoperta dell’influenza sul suo pensiero della tradizione ermetica e ficiniana, soprattutto relativamente al tema della “mente” . In sede di discussione della tesi, che nell’ultima pagina si conclude con una citazione tratta dalle Orazioni Inaugurali di Giambattista Vico, probabilmente proprio il collegamento di Vico, attraverso Herbert di Cherbury, con la tradizione ermetica, non piace al contro-relatore, lo storico della Filosofia Nicola Badaloni, da sempre contrario a questo possibile collegamento del filosofo napoletano, sostenuto invece da altri storici della filosofia. Emergono quindi delle divergenze, che non impediscono tuttavia alla candidata di conseguire la laurea con il massimo dei voti. Bartalucci, nonostante successivamente Vasoli le suggerisca di persistere negli studi, approfondendo le scoperte della tesi di laurea, decide di lasciare Firenze e di dedicarsi all’insegnamento di materie letterarie e latino nelle scuole medie superiori della provincia di Grosseto. Dopo anni di insegnamento, nel 2009 Bartalucci torna ai suoi studi sul barone inglese, soprattutto dopo essere venuta a conoscenza della pubblicazione, nel 2005, da parte di Nicola Badaloni di un libro sulla linea Herbert-Vico, che va, fin dalle prime pagine, contro il collegamento di Herbert di Cherbury (e di conseguenza di Vico) con la linea della tradizione ermetica. Bartalucci pubblica quindi la sua tesi di laurea aggiornata, ampliata e decisamente più documentata. Nasce così La Religione della Mente. Paganesimo e tradizione ermetica nel pensiero religioso di Lord Edward Herbert di Cherbury dal De Veritate al De Religione Gentilium, Effigi, Arcidosso 2011 che è la sostanziale riproposizione della tesi di laurea, approfondita soprattutto nella parte relativa al De Religione Gentilium. In questo libro Bartalucci, anche attraverso una ricerca filologico-critica dei nomi degli autori ( spesso indecifrabili perché latinizzati) dei titoli e dei contenuti delle opere possedute con certezza da Herbert, evidenzia le innumerevoli fonti ermetico-alchemiche, cabalistiche,esoteriche, oltre che neoplatoniche del pensiero del filosofo inglese, ricondotto invece perlopiù solo allo stoicismo o comunque al razionalismo. Del De Religione Gentilium (postumo 1663) Bartalucci scopre anche la contraffazione che si è operata del testo originale latino nelle due successive traduzioni in inglese del 1705 e del 1996. Nel 2013 Bartalucci affronta quindi, per prima, lo studio critico completo di A Dialogue between a Tutor and his Pupil (1768), un’opera inglese circolata manoscritta e in forma clandestina per decenni, attribuita a Herbert di Cherbury, ma della quale dimostra definitivamente, sulla base dei contenuti, degli errori storiografici e della divergenza dal vero pensiero del filosofo inglese, non solo la non paternità herbertiana, messa in discussione anche da altri ma mai affrontata in modo radicale e decisivo, ma anche la volontà deliberata della sua contraffazione. Esce così Lord Herbert di Cherbury. Alchimisti Dialoghi e Misteri. Gli oscuri risvolti di A Dialogue between a Tutor and his Pupil, Effigi, Arcidosso 2013. Nel 2014 Bartalucci viene invitata a partecipare al progetto Dio e le sue immagini presso il Convento di S. Marco a Firenze, dove tiene un intervento sul tema L’universalismo religioso di Lord Edward Herbert di Cherbury, successivamente pubblicato dall’editore Nerbini di Firenze sulla Rivista di Ascetica e Mistica (2014, n.3, luglio-settembre). Nel 2015 Bartalucci riceve l’incarico, da parte dell’editrice Morcelliana di Brescia, di tradurre dal latino il trattato De Religione Laici (o Religio Laici) e l’Appendix ad Sacerdotes de Religione Laici (1645) di Herbert di Cherbury. Nel volume, uscito a giugno 2017, Bartalucci reinterpreta l’opera del filosofo inglese inquadrandola più chiaramente nel contesto della rivoluzione puritana e della guerra civile inglese (1642-1648) ed evidenziando, sia nell’introduzione che nelle note critiche, la proposta politico-religiosa di Herbert di Cherbury, che scriveva la sua religione del Laico per riformare anche la religione dei sacerdoti e, pur demistificandone le credenze dogmatiche, trovare con i più “virtuosi” di essi un punto d’incontro sulla base dei principi della retta ragione.

Il quarto libro: RELIGIO LAICI (Edward Herbert di Cherbury-John Dryden-Charles Blount) Deismi e violenza politica nell’Inghilterra degli Stuart, Effigi, Arcidosso 2018

Gabriella Bartalucci a Malta

Contemporaneamente alla traduzione Bartalucci porta avanti un altro libro la cui redazione dura più di 4 anni, prendendo le mosse dall’articolo del 2013 di uno studioso americano, che studia le origini del fenomeno inglese del deismo attraverso la polemica che ci fu tra il poeta John Dryden e il suo poem Religio Laici or a Layman’s Faith (1682) e il filosofo deista Charles Blount e il suo scritto Religio Laici written in a letter to John Dryden (1683). Bartalucci affronta in questo suo nuovo libro RELIGIO LAICI (Edward Herbert di Cherbury-John Dryden_Charles Blount) Deismi e violenza politica nell’Inghilterra degli Stuart l’intreccio e i legami con le vicende politiche e storiche di quattro testi dal medesimo titolo latino Religio Laici prodotti tra il 1645 e il 1683. Del primo, quello già tradotto per Morcelliana, sviluppa e approfondisce ora i legami, sempre più evidenti, di Herbert di Cherbury con la tradizione del “cristianesimo ermetico” e in particolare con C. Agrippa di Nettesheim. Bartalucci inoltre, seguendo anche le tesi storiografiche e gli studi di Cesare Vasoli, inquadra il pensiero religioso di Herbert nella linea di quei pensatori che tra ‘400 e ‘500 si richiamarono alla tradizione ermetica per riformare la religione cristiana, come Marsilio Ficino, Agostino Steuco da Gubbio e Francesco Patrizi. Herbert di Cherbury, nella lettura di Bartalucci va però oltre questa linea, proponendo una religione universale al fondo di tutte le religioni storiche e soprattutto non più possesso esclusivo dei sacerdoti , ma nemmeno espressione di un sapere riservato ai soli dotti o sapienti. Bartalucci sostiene che l’intellettuale laico di Herbert colma di fatto la cesura tra sapiente e sacerdote attraverso il modello comune del Viator, l’uomo in viaggio verso la verità e verso la felicità, come il cristiano del De Vera Religione di S. Agostino, ma aperto ora ad una religione inclusiva e non dogmatica, un modello che Herbert propone sia ai laici che ai sacerdoti. Sulla base di questo approfondimento del pensiero di Herbert e in particolare del testo Appendix ad Sacerdotes de Religione Laici, che Bartalucci indica come una replica rivolta in origine in modo specifico contro il puritano regicida John Goodwin, l’autrice affronta un manoscritto inglese inedito dal titolo Religio Laici, scoperto e pubblicato come opera di Herbert di Cherbury nel 1933, giungendo ad affermare, dopo un’accurata ricerca critica e un’analisi circostanziata del testo, la non paternità di Herbert di Cherbury anche di quest’opera. Opera che è appunto al centro della polemica tra John Dryden e Charles Blount, polemica che Bartalucci scopre ed indica, attraverso i testi di entrambi, essere focalizzata intorno al tema del regicidio, quello di Carlo I Stuart del 1649 e quello che si preparava con il Rye House Plot, il complotto della Casa della segale fallito nel 1683 e organizzato per uccidere Carlo II Stuart e il fratello Giacomo II. L’analisi di Bartalucci rivela il legame dei due testi, quello di Dryden e quello di Blount, relativamente a queste vicende. In questo modo Bartalucci reinterpreta gli obbiettivi del poem di Dryden, da sempre rimasti poco chiari, cogliendone anche l’attacco, evidente ad una lettura critica e linguistica del testo, al “sistema del deismo” di Charles Blount, all’opera A Dialogue between a Tutor and his Pupil, che Dryden sapeva quindi essere stata scritta non da Herbert di Cherbury ma da Blount, e anche al manoscritto inglese inedito Religio Laici. A sua volta Blount nel suo Religio Laici utilizza sia lo stesso manoscritto inedito inglese per intero, sia stralci di A Dialogue between a Tutor and his Pupil, di cui è autore, citandone parti in corsivo per far credere l’opera un testo appunto di Herbert di Cherbury e per replicare alle accuse di collusione con il puritanesimo regicida rivoltegli da parte di Dryden. Bartalucci non solo colloca per la prima volta Dryden nell’ambito dell’umanesimo post-erasmiano, della tradizione neoplatonica e già fuori dall’anglicana via media, ma dimostra anche l’utilizzo da parte di Blount di temi e opere di Giordano Bruno in funzione materialistica, anticristiana e anticattolica, anticipando inoltre contenuti del deismo di John Toland, quest’ultimo debitore, come Bartalucci mette ora in luce, anche per le tesi storiografiche sulle origini egizie di Mosè, di Charles Blount. In base alle vicende e ai contenuti dei testi considerati Bartalucci indica la necessità di ricollocare storiograficamente i personaggi presi in esame e le loro opere e di distinguere le concezioni universaliste, spiritualiste e pacifiche di Herbert di Cherbury da quelle di chi ha manomesso il suo pensiero per sostenere forme di violenza politica nel nome di Dio. Il libro fa riferimento anche ad altri autori minori collegati ora con Dryden ora con Blount e soprattutto si sofferma sui risvolti storico-politici della vicenda che coinvolse le 4 opere dallo stesso titolo. Qua e là nel testo Bartalucci, che dedica il libro a quelli che amano la verità e precisa le finalità dei suoi studi sul pensiero religioso di Herbert di Cherbury, fa capire di voler proseguire nel suo progetto sul filosofo inglese, anche approfondendo, alla luce di nuove ricerche e di scoperte più recenti, la linea Herbert di Cherbury- Giambattista Vico, quella che aveva indicato già nella pagina conclusiva della sua tesi di laurea.

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