Cultura di destra

Nell’ultima sequenza del film “il treno” del 1964 (film diretto da John Frankeheimer) viene disegnato l’archetipo di uomo, il modello cui aspirare, secondo la tradizione del pensatore Julius Evola con qualche differenziazione, “razzismo spirituale” che si differenzia un po’ rispetto al “razzismo biologico” di Artur Rosenberg.
Per inciso e sommessamente ricordo che l’allievo calabrese Pino Rauti non manco di barattare “tutto questo patrimonio di idee” con un posto al sole (parlamento) per la figlia, moglie del sindaco di Roma Alemanno, raggiungendo un accordo elettorale con Silvio Berlusconi, penalizzato nella tornata precedente alle elezioni, quelle mi pare vinte da Romano Prodi, alla faccia dei tanti scudieri che hanno talvolta pagato un prezzo per le azioni di violenza terroristica.
Giustamente nel film il ferroviere (Burt Lancaster) annienta l’ufficiale tedesco con una sventagliata di colpi di mitra.
Non basta comunque: bisogna colpire il modo di produzione capitalistico per estirpare questa velenosa pianta e, con esso, le radici stesse materiali che ne permettono la sopravvivenza.
Furio Jesi nel suo saggio “Cultura di destra” affronta tali tematiche con la lente dell’antropologia e della sociologla come del resto andava di moda negli anni settanta.
Rammento che solo dopo la scomparsa di Benedetto Croce queste scienze (pseudoscierize adatte ad una maltà mitteleuropea, secondo Croce) ebbero via libera in Italia.
Per Inciso anche Renato Curcio attraverso le lenti della sociologia aggiornava il marxismo. Ancora recentemente ml confessò che le armi culturali di Carlo Marx fossero per lui insufficienti a spiegare e, aggiungo io, a trasformare (come pensava lui) la realtà. Non ha mai capito che la rivoluzione comunista é opera delle masse sfruttate almeno Guevara sia pure erroneamente, stando alla dottrina classica del marxismo, pensava che i tempi fossero maturi e che le avanguardie rivoluzionarie potevano con la loro azione stimolare l’azione risolutiva delle masse lavoratrici. Da questo “miscuglio eclettico” di tradizioni e dottrine esoteriche (Lootse, Buddha, Veda, ecc, innestate nella storia contemporanea) sono direttamente credo forgiati “i quadri”, o meglio, secondo me, gli esecutori degli attentati e stragi della denominata strategia della tensione. Gli esecutori con queste azioni pensavano di “elevarsi” spiritualmente nella scala della “realizzazione” e della (pseudo) conoscenza: da qui la simbologia richiamantesi alla tradizione medievale e addirittura romana… aquile croci uncinate, teschi, pugnali, bandiere nere, tutto ammantato lugubre, senza alcuna luce.
Questa scala esoterica, lugubre e mostruosa ha affinità con i riti della criminalità organizzata (ndrina, camorra, mafia, jakutsa in oriente e cosi via). Solo un possente movimento popolare di massa, con alla testa la classe operaia che inquadri questo movimento, e con la guida di formazioni comuniste rivoluzionarie può porre fine a questo marciume i cui effetti comunque, anche senza una struttura economica che li sorregga, dureranno per centinaia di anni.
Non si vuole negare tuttavia la importanza dl studi dell’antropologo Jesi, relativi però all’Interno della gabbia capitalistica e del modo di produzione feudale di un tempo e certo il partito farebbe bene a “considerarle soprattutto come elementi sovrastrutturali che influenzano e tengono prigioniero o, aiutano a tenerlo, il proletariato.

Antonio Jeracà

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