Rosa come un pirata

Nelle zone costiere dell’Inghilterra del sud, esiste un antico modo di dire, del tutto ignoto nel resto del mondo, “rosa come un pirata”.
Quando una certa cosa o un certo accadimento viene associato in senso letterale o figurato al color rosa, si usa questa espressione.
Nelle nuove generazioni, con la globalizzazione, è caduta un po’ in disuso, ma ancora molti utilizzano questa originale similitudine.
Durante un viaggio in quella zona, alcuni anni fa, mi capitò di indossare una camicetta di un rosa particolarmente bello, io lo chiamavo rosa alba, perché il punto di colore ricordava certi momenti del primo mattino in cui il cielo assume impensabili tonalità. Mentre scrivevo al computer nel salone dell’albergo, un anziano ospite mi si avvicinò e mi fece i complimenti per il colore che indossavo, aggiungendo: “Rosa come un pirata”.
Allora non avevo mai sentito questa espressione e lo guardai perplessa.
“Mia cara signora – mi disse – vuole che le racconti la storia del pirata rosa?”.
Francamente incuriosita, gli dissi che l’avrei ascoltata volentieri e lui non si fece pregare.

“Tutto cominciò proprio qui, ben più di duecento anni fa, e il protagonista della vicenda è un ragazzo di nome Francis Richter.
Francis trascorse i primi quattordici anni della sua vita a Portsmouth, sulla costa meridionale dell’Inghilterra. Era l’ultimo dei sei figli del capitano John e di sua moglie Elsie.
Prima di lui erano venuti al mondo nel giro di dieci anni John jr, identico al padre non solo nel nome; Henry, tozzo e robusto, con la fronte bassa e una ferocia innata; Richard, più intelligente di Henry, meno aggressivo solo in apparenza. Poi erano nate due femmine, Gladys e Mary. Infine, alcuni anni dopo, era nato lui.
Biondo come sua madre e come l’ultima delle sorelle, era cresciuto insieme a loro, perché il capitano John era in realtà un pirata e aveva avviato i tre figli maggiori al suo stesso mestiere, abituandoli fin dalla prima adolescenza, a scorribande che duravano anche molti mesi e si spingevano fin nei Caraibi.
I quattro maschi di casa Richter solo raramente tornavano a casa.
Così di rado che l’ultima volta che Francis aveva avuto occasione di vederli non aveva ancora sei anni e, quando finalmente, tornarono a Portsmouth, ne aveva già compiuti quattordici, superando in altezza padre e fratelli.
Gli anni trascorsi con le sorelle erano stati piacevoli.
Non si sente la mancanza di ciò che non si conosce, soprattutto quando l’assenza di un padre è colmata dalle attenzioni affettuose di tre donne.
Aveva anche imparato a leggere, insieme alle sorelle, presso un anziano farmacista che, cessata la sua attività si dedicava a istruire i bambini del vicinato, insegnando loro lettura e scrittura, ma anche matematica e rudimenti di storia e di botanica.
Francis era particolarmente attento, gli piaceva leggere e aiutava il figlio del farmacista a preparare unguenti e medicamenti, tinture e tisane e aveva acquisito una certa maestria in quest’arte.
Quasi non pensava più al padre e ai fratelli. Nella seconda metà del diciassettesimo secolo non era facile avere notizie, i mezzi di comunicazione erano davvero scarsi.
Sua madre viveva in una rassegnata operosità, con la parte della sua famiglia che le era più affine. Le ragazze e Francis, tre figli gentili ed educati.
Ma, nel suo cuore, prediligeva il piccolo di casa per la particolare delicatezza dei sentimenti, superiore anche a quella delle sorelle.
Il ritorno, rumoroso e ingombrante, dei quattro pirati fu piuttosto traumatico per Francis. Erano rozzi, grossolani nei modi e lui sentiva di non avere niente in comune con loro.
La maggiore delle ragazze, Gladys, si sposò subito dopo l’arrivo del padre.
Nello stesso periodo la diciottenne Mary fu assunta come bambinaia da una ricca famiglia di Londra, su raccomandazione del farmacista.
Perdere la compagnia delle sorelle e, nel contempo, trovarsi in mezzo a fratelli per lui estranei, fu davvero un duro colpo.
Ma la cosa peggiore fu che quando, dopo due mesi, il quartetto Richter ripartì per nuove scorribande e discutibili avventure, il padre decise di portare con sé anche l’ultimogenito.
Elsie provò a opporsi, ma non aveva più neppure l’appoggio delle ragazze. Così, suo malgrado, in una triste mattina di maggio, si trovò ad abbracciare Francis disperatamente, cosa che non aveva mai fatto con gli altri figli.
Le loro lacrime si mischiarono, fino a che il burbero John jr non li richiamò all’ordine, trascinando via il fratellino.
Durante il lavoro in farmacia, Francis si era abituato a indossare casacche colorate, nelle tonalità del rosa e, come unica concessione, ottenne dal padre il permesso di indossarle anche sulla nave, tanto che tutti cominciarono a chiamarlo il Pirata Rosa.
Qualcuno tentò anche di deriderlo e offenderlo per questo, ma i suoi nerboruti fratelli fecero quadrato intorno a lui.
Il suo ruolo sul grande veliero divenne subito particolare: si occupava dei viveri, sapeva cucinare con poco in modo gustoso e questo gli consentiva di evitare le imprese sanguinose e senza requie che tanto piacevano ai suoi familiari.
Così trascorsero due anni. Francis si era irrobustito, pur essendo più snello dei fratelli e anche la carnagione era diventata meno diafana, resa dorata dal sole a cui era comunque esposto.
Qualche volta partecipava alle scorribande ma, con la sua agilità, riusciva a sfuggire a veri e propri duelli. Piuttosto, era molto bravo a portare via il bottino, quasi volando tra gli alberi delle navi, miracolosamente appeso a ogni tipo di corda o canapo.
Con i suoi capelli biondi e il rosa delle sue casacche, lasciava spesso interdetti gli avversari che perdevano secondi preziosi cercando di capire chi fosse quella insolita creatura che così elegantemente e velocemente compariva sulla scena.
Il tempo dello sbigottimento era sufficiente agli altri Richter per compiere l’assalto.
Francis compiva sedici anni e il padre decise che era l’ora che conoscesse le donne e il sesso, era un uomo ormai, pur diverso dai fratelli.
Così, la sera del suo compleanno, che cadeva il 20 di maggio, lo portò insieme agli altri figli in un grande bordello di Hispaniola.
Il ragazzo si trovò in un attimo da solo con una giovane mulatta, molto bella.
La guardava sorpreso, senza muoversi.
Qualsiasi tentativo della ragazza fu inutile. Non c’era niente che l’attraesse, pur apprezzandone la bellezza.
“Come ti chiami?” le chiese.
“Isabel”.
“Ecco, Isabel, ti devo chiedere una cosa. Tu devi dire a mio padre che tutto è andato bene, insomma, che noi abbiamo… Sì, hai capito. E poi tornerò, dirò che voglio stare solo con te, ma tu non mi tradire. Ti porterò dei regali”.
Isabel, sorpresa, accettò di aiutarlo. In fondo, questo ragazzo le piaceva, era diverso, gentile. E anche vestito di rosa.
Così, uscendo, si rivolse al Capitano John dicendogli: “E’ sveglio il ragazzino, portalo ancora, merita”. E strizzò l’occhio, maliziosamente.
Così, come aveva promesso, Francis tornò molte volte da Isabel, senza mai “consumare”, ma non mancò mai di portarle ogni volta un gioiello o un prezioso tessuto o altri oggetti di cui si era impossessato su qualche nave.
I suoi fratelli lo prendevano in giro per questa sua “passione”, ma certo erano ben lontani dal sospettare la verità.
A diciotto anni, il Pirata Rosa era bellissimo, sempre più agile e con i biondi capelli sempre più lunghi e lucenti.
Pensava spesso alla mamma e alle sorelle, avrebbe tanto voluto vederle, parlare con loro, ma il suo sesso lo obbligava a quella vita senza dolcezza.
Però, con Isabel, si era creato un rapporto vero, sincero. Lei ormai lo aspettava con ansia, non solo per i regali, ma soprattutto perché era l’unico con cui poteva parlare, abbracciarsi dolcemente e talvolta anche sognare.
Anzi, qualche volta era capitato che Francis rimanesse a dormire con lei.
Il padre e i fratelli ironizzavano pesantemente, immaginando chissà quali notti di fuoco. Invece, al Pirata Rosa, piaceva dormire con l’amica, perché gli ricordava un tempo lontano in cui la sua vita aveva conosciuto la tenerezza materna e l’affetto delle sorelle. Isabel era una prostituta, sì, ma anche una donna dolce e accogliente.
Così, quando John decise di fare nuovamente rotta per Portsmouth, anzi, di tornare definitivamente, perché il bottino dell’ultimo sanguinoso assalto era stato particolarmente ricco, Francis volle a tutti i costi portare Isabel con sé.
“Figliolo, ma quella è una puttana, possibile che tu sia così invaghito?”.
Ma il ragazzo, in genere accondiscendente, fu irremovibile e portò con sé la ragazza, proteggendola durante il viaggio di ritorno dalle pesanti molestie degli altri uomini.
Giunti in Inghilterra, finalmente rivide quelle coste tanto amate. E poi, di nuovo, casa sua. Ma purtroppo, sua madre era morta di polmonite qualche mese prima. Gli sembrò di morire per il dolore, alleviato solo dal dolce abbraccio della sorella Gladys, ormai sposa e madre di tre bambini, con cui riuscì a condividere quel grande dispiacere.
Chiese notizie di Mary. Era ancora a Londra, gli rispose la sorella, presso la stessa famiglia nobile che l’aveva assunta anni prima.
Così, Francis, pretese dal padre di avere la sua parte di bottino e decise di recarsi a Londra a trovare Mary, portandosi dietro anche Isabel, presenza alquanto insolita per i pallidi inglesi.
Rivedere la sorella, che era la più vicina a lui per età, fu meraviglioso.
Insieme piansero lacrime cocenti pensando alla loro cara mamma, ma anche lacrime di gioia per essersi ritrovati.
Mary riuscì a far assumere Isabel come cameriera, mentre Francis andò ad abitare in una locanda poco distante.
Ogni giorno trascorreva del tempo con la sorella ritrovata, mentre Isabel era felice della nuova vita.
A Mary confidò quale era la realtà dei loro rapporti: si volevano bene come fratelli, Isabel l’aveva aiutato e lui aveva voluto ricambiare portandola in Inghilterra. La sorella non fu sorpresa. Lei conosceva bene Francis, sapeva come, fin da piccolo, la sua delicatezza bionda non avesse niente a che spartire con la rude natura del padre e degli altri fratelli.
Quando poi, in farmacia, aveva iniziato a vestirsi di rosa, la questione era stata anche più chiara.
“Francis, tesoro – gli disse – tu sei il mio fratello speciale, il Pirata Rosa del mio cuore”.
Una sera, mentre aspettava la sorella sotto l’antica ed elegante magione dove lavorava, Francis, per la prima volta nella sua vita, provò uno strano tipo di emozione.
Improvvisamente gli comparve davanti un uomo elegante e bellissimo, sui venticinque anni, che usciva dal portone della casa.
Si guardarono. L’altro aveva lineamenti decisi e regolari, grandi occhi castani e capelli scuri e mossi.
Gli si avvicinò: “Buonasera” disse.
“Buonasera, signore”, rispose il compito pirata.
“Immagino che voi siate il fratello di Mary, le somigliate molto”.
“Sì – lui, imbarazzato – Sono Francis Richter”.
“Molto piacere. Ed io sono Sir James Chester, il fratello di Lady Charlotte, la padrona di casa”.
Il Pirata Rosa, in quell’esatto momento, capì molte cose di sé.
Quando l’affascinante nobiluomo lo invitò a salire in carrozza con lui, ebbe la certezza che quella sera era stato il destino a condurlo fin lì.
E, più tardi, quando fu tra le braccia di Sir James, comprese finalmente i segreti dell’amore.

Da questa storia, come può immaginare, mia cara signora, nacque l’espressione che l’ha tanto incuriosita, ovvero “rosa come un pirata”. Mi raccomando, la racconti, il pirata rosa ne sarebbe felice”.

Fulvia Perillo

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