Non la sopporto

Veramente non la sopporto.
È altezzosa e supponente, sempre quella Cornelia, il mio incubo fin dall’infanzia.
Siamo nate a distanza di pochi giorni e i nostri padri si conoscevano bene.
Il suo Publio Cornelio Scipione, detto poi l’Africano, è stato uno degli uomini più noti del suo tempo.
Il mio, Tito Flavio Lepido, proveniva da un’antica nobile famiglia, decisamente benestante e considerata, ma un episodio della sua giovinezza lo aveva segnato per sempre.
Avrebbe dovuto partecipare alla battaglia di Canne, peraltro disastrosa per i Romani, ma, mentre si trovava lì, poco prima dell’evento bellico, fu colpito da un attacco di diarrea terribile.
Lui, raccontandolo, usava un termine greco, διάρροια, diàrroia. Il che non cambiava il significato né la storia. Talmente forte fu l’indisposizione che il mio caro genitore, all’epoca giovanissimo, non partecipò alla battaglia, dove morirono tanti romani, tra cui il nonno di Cornelia. Questo fatto, la diàrroia maledetta, diceva lui, gli ha salvato probabilmente la vita, ma ha gettato un’onta sulle sue doti di guerriero e la faccenda si è tramandata tra risatine e disapprovazione. Ma io dico, uno non ha neppure diretto ad avere un mal di pancia? Insomma, pur non avendo nulla da invidiare alla famiglia di Cornelia in quanto a lignaggio e benessere, da quel momento mio padre, nell’opinione di molti concittadini, è diventato un romano di importanza minore e così i suoi figli, a ruota.
Io sono Flavia, l’ultima, la più giovane e, disgraziatamente, coetanea di quel fenomeno di Cornelia. Lei, sempre perfetta, a posto, misurata. Io perennemente agitata, con i capelli ricci e ribelli, alta e magra, in un mondo dove le curve delle donne vengono ritenute la loro bellezza. Non solo, ho anche un occhio lievemente strabico e la pelle olivastra che si abbronza al primo raggio di sole.
Cornelia, invece, ha un incarnato di porcellana e dolci armonie del corpo. Ci siamo sposate nello stesso anno. Lei ha messo al mondo molti figli, di cui ne sono sopravvissuti tre, Sempronia e i due fantastici virgulti Tiberio e Caio. Fantastici lo dice lei, naturalmente. Quella boriosa. Io invece ho avuto due bambine, Flavilla e Gaia, per fortuna molto più graziose di me, ma, insomma, erano solo femmine… Così, la mia inferiorità, con le sue radici nella diàrroia di mio padre, si è definitivamente stabilita senza via di scampo.
Non la sopporto.
Qualunque cosa dica o faccia, tutti ne tessono le lodi, mentre di me dicono che sono mezza matta, che mio marito non dorme insieme a me (fatto vero, ma non vedo cosa interessi agli altri), che frequenta le donnacce per non vedermi e che sono talmente secca e sparuta che, svegliandosi di notte con me accanto, avrebbe potuto spaventarsi.
Insomma, una vita complicata la mia e, purtroppo, sempre appaiata con quella di Cornelia. Ma ieri, sì, ieri, bellissima e luminosa giornata estiva, abbiamo toccato il fondo. È stata organizzata una sorta di breve gita per alcune matrone e i loro figli, sulla riva del mare, in prossimità della foce del Tevere. E indovinate con chi mi sono trovata a viaggiare in carrozza? Con Cornelia e i suoi due maschietti, mentre con me c’erano le bambine. Loro, naturalmente, educati e perfetti. Flavilla e Gaia, lo ammetto, capricciose e rumorose oltre ogni dire.
Sulla riva del mare, i ragazzi hanno cominciato a correre e a bagnarsi. Cercavo di fermare le mie figlie, per decoro e perché sapevo che, qualunque cosa fosse accaduta, avrebbero dato loro la colpa. Infatti è andata proprio così. Flavilla, che ha tredici anni, ha cominciato a scherzare con Tiberio, suo coetaneo. La sorella la seguiva e cercava di imitarla. Il ragazzo era in realtà molto felice di intrattenersi con due belle fanciulle, ma Cornelia non sembrava molto d’accordo ed era alquanto nervosa. Tiberio si divertiva alquanto, Flavilla è una ragazzina molto bella e disinvolta, non so cosa gli stesse dicendo, ma lui sembrava piuttosto lusingato. Il piccolo Caio voleva andare a giocare con loro, ma la madre glielo ha impedito. Il bambino ha iniziato a lagnare e Cornelia era sempre più cupa. A un certo punto ha chiamato in modo imperativo: “Tiberio!”, alzando lo sguardo in segno di disapprovazione. Il ragazzo, che è un pavido, secondo me lui ha una diarrea mentale stimolata dalla paura che gli incute la madre, ha interrotto i suoi giochi con le mie figlie e si è seduto accanto a Cornelia.
Flavilla si è offesa moltissimo. Una ragazza così carina e simpatica non può essere snobbata. L’ho vista confabulare con la sorella, ero un po’ preoccupata, conoscendo la loro vivacità. Dopo un po’, il piccolo Caio è riuscito a sfuggire al controllo di quella simpaticona e si è avvicinato alle bambine. Gaia l’ha invitato a mettere i piedi in acqua e lui l’ha fatto. Pochi minuti dopo, si è sentito un urlo terribile e il bambino è uscito dall’acqua col piede sanguinante, trafitto dagli aculei di un riccio di mare. È scoppiata una tragedia. La madre e sposa senza pari ha accusato le mie figlie di averlo fatto apposta, far andare il piccolo dove c’erano i ricci e i granchi perché si facesse male. Tutto ciò, secondo lei, per vendicarsi di Tiberio che le aveva trascurate in favore dei desiderata materni.
Abbiamo litigato ferocemente. Io le ho rinfacciato di essere superba e piena di sé, lei mi ha detto che sono una sciocca e d’altra parte, non ci si poteva aspettare di meglio dalla figlia di Flavio della diàrroia.
Devo dire che sono furibonda, anche perché, ovviamente, le altre matrone si sono messe tutte dalla parte di Cornelia.
E lei, lo so, passerà alla storia come una grande donna, mentre della mia famiglia verrà ricordata solo quella sfortunata diarrea. Ah, come sono ingiusti gli dei!
Publio Cornelio Scipione detto anche l’Africano e Tito Flavio Lepido della diàrroia hanno segnato il destino delle loro figlie in modo troppo sbilanciato.
E, comunque, io quella là, la madre dei Gracchi, proprio non la sopporto.

Fulvia Perillo

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