Nedo Bianchi presenta “Mafalda e la siepe di Ginestre” racconto partigiano

TITOLO:
Mafalda e la siepe di ginestre
(racconto partigiano) 

AUTORE:
Nedo Bianchi

FORMATO: brossura
PAGINE: 190
EDITORE: Effigi
COLLANA: narrAzioni
ISBN: 978 88 6433 017 4
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2010
PRODUZIONE: C&P Adver di Mario Papalini
PREZZO: euro 12,00

Nedo Bianchi, docente di disegno e storia dell’arte, dopo essersi collocato a riposo, avvia una ricerca sulla Resistenza in Maremma e nel 2007 pubblica la biografia storica Il tenente Gino ed il soldato Giovanni, nelle edizioni ETS di Pisa.
Continua il suo lavoro di studio su personaggi e fatti altrimenti condannati all’oblio, cambiando però registro narrativo.
Nasce così il racconto partigiano Mafalda e la siepe di ginestre.

Quelli che seguono sono i filmati della presentazione di questo romanzo breve tenutasi a Magliano lo scorso 29 aprile. I video sono seguiti da una succinta traccia testuale dei contenuti toccati.

Gli interventi registrati sono quelli di Nedo Bianchi, Mario Papalini e Marco Savelli.
Buon ascolto!

 

 

Intervento di Nedo Bianchi 1: piccolo romanzo o lungo racconto – Resistenti dalla parte del cuore – Elementi che possono abitare solo un romanzo – Unità d’Italia: Mazzini, Garibaldi, Cavour. Ma l’Italia si trovava anche in Petrarca o Machiavelli o Foscolo – L’arte vera è quella che parte dalla vita e alla vita ritorna – La lettura è diventata una cosa marginale – Servirebbe invece per ridare dignità al nostro popolo – Tornando al romanzo: lo sfollato – Ma c’era anche quello che andava alla macchia – L’obiettivo primario era portare a casa la pelle – Lo sbandamento dell’8 settembre fece svuotare anche il carcere di Civitavecchia e fuggirono tutti verso nord per evitare Roma – Alcuni di questi si finsero partigiani per rubare meglio – a Pomonte per esempio – i partigiani sono sempre stati buoni ma erano molto severi e intransigenti nei confronti di chi si spacciava per partigiano senza esserlo – chi lo faceva doveva essere messo al muro – quindi sbandati, sfollati renitenti ex galeotti… – molti erano anche stranieri – c’erano reparti della forza pubblica specializzati in funzioni antiterroristiche cioè antipartigiane – questa è una parte che manca completamente di studio e approfondimento – ci furono episodi efferati e per molti di questi si decise la condotta del metterci una pietra sopra e non pensarci più – ci sono molti episodi della resistenza che non sono stati approfonditi – ci furono motivi superiori: il patto di Varsavia, la Nato, il muro di Berlino – occorrerebbe uno sguardo più critico – l’ANPI, per esempio all’inizio della sua storia raccoglieva tutti, poi pian piano, ci si cominciò a sfilare: a Grosseto per esempio la componente cattolica scappò, poi fu la volta dei socialdemocratici e poi dei socialisti – i mali dell’italia: rileggiamoci Salvemini, ateo, laico tenne per 50 anni un carteggio con Don Sturzo – le rievocazioni della resistenza non sono solo retorica – ripensare certi fatti e cercare di dar loro senso: i cittadini di qualità – molti sono morti e molti altri dimenticati: di alcuni sappiamo molto, per esempio i martiri di Istia, comune di Magliano – perché non c’è uno studio, anche semplice, che parli dello specifico di questa zona? – Il tenente Gino

 

Intervento di Nedo Bianchi 2: la brigata Spartaco Lavagnini del Monte Amiata – Il tenente Gino era in contatto con il maestro Imolo Borgi di Saturnia – Quest’ultimo raccoglieva citazioni di Dante Alighieri e di Giuseppe Giusti riportandole su foglietti che poi attaccava in giro per il paese: era il suo modo di fare Resistenza, stralci di poesia – Il tenente Gino si spinse fino a Campagnatico, fino a Cinigiano, fino a Montecucco – ebbe rapporti col comando clandestino di Roma dal quale ricevette l’ordine di buttare giù il ponte sull’Aurelia nei pressi di Montalto di Castro – Era il 27 gennaio 1944 quando fu compiuta questa azione – Personaggio affascinante che era di Murci come me – Mia sorella diceva che ero un fanatico, che per me il tenente Gino era come un cavaliere della tavola rotonda – Il tenente Gino nacque al Cairo d’Egitto – La madre insegnava al “Don Bosco”, il padre era stato mandato al Cairo a comporre i cosidetti “tribunali misti” – L’Egitto di fine ottocento, quando si stava costruendo il canale di Suez – In quel periodo, lì si raccoglievano tutte le nazionalità – Dunque c’erano anche tribunali speciali, i tribunali misti – Fra i partigiani ognuno doveva scegliersi un nome di battaglia: chi Ardito, chi Mameli, chi Garibaldi – Alcuni molto enfatici – Lui scelse “Tenente Gino”: nessuno sapeva che era il soprannome del padre che aveva perso in giovanissima età – Nel 1933 la famiglia tornò in Italia e Gino si iscrisse al liceo scientifico – Poi a ingegneria industriale – Carriera militare – L’8 settembre si trovava bloccato a Roselle con la sua compagnia – Il suo comandante voleva convincere tutti gli ufficiali a entrare nella milizia fascista – Fuggì e scelse la Resistenza  – Montemerano: propaganda politica, prima formare le coscienze – Scuola, insegnamento – Va pensiero.

 

Intervento dell’editore Mario Papalini: ascoltare Nedo: si sente l’indole dell’ insegnante – La moralità, la società civile, le istituzioni – Viviamo un periodo di crisi, di stanchezza della democrazia – E’ importante il racconto di questa “aurora” dello stato italiano – Una grande comunità che combatte contro il totalitarismo – Il ruolo dell’insegnante che non si esaurisce nella scuola – anche il tenente Gino era un insegnante – la passione, trasferire conoscenza – la volontà di tramandare informazioni – lavorare a scuola – piccole realtà come Magliano – la memoria non va perduta: rischio costante – concetti importanti: patria, morale – l’ANPI – occorre non rottamare ma trasferire conoscenza, facendo comunità – enorme carica creativa di Nedo – è importante anche incrociare le amicizie anche in un territorio minuto come la Maremma – c’era molta più comunicazione prima fra le comunità – Nedo è un pittore – Ci dice che non si può scrivere un romanzo breve senza sostanza – per scrivere bisogna fare un percorso di conoscenza – lavoro storiografico precedente – ricerca negli archivi: la ricerca è fondante per la cultura e non solo – il suo cavaliere errante, il tenente Gino, la sua fisionomia storica si deve a Nedo – da lì si è passati al racconto letterario non solo fantasioso – è anche un’ottima sceneggiatura – passo successivo: il cinema? – cultura locale: siamo provinciali, microcosmi che contengono universi. Grazie a Nedo.

Intervento di Marco Savelli 1: sono Marco Savelli insegno al liceo scientifico di Manciano – il libro mi ha lasciato un senso di nostalgia di qualcosa che non fa parte del mio vissuto – possibilità del futuro – egemonia attuale della tecnica e del mercato – dimensione totalizzante – rapporti umani, sociali ed economici – sono molto legato a questo racconto – le origini familiari e culturali di Lenina/Mafalda, la protagonista – contesto storico: Lenina è del febbraio 1921 – la rivoluzione di ottobre elemento forte per suo padre Cesare e suo zio Guglielmo – l’immaginario – dopo la Grande Guerra crisi delle liberal democrazie occidentali – emersione dei fascismi – quello italiano è stato il laboratorio – ci furono e si svilupparono numerosissimi regimi dittatoriali – lo squadrismo fascista – consenso di massa ragguardevole – il popolo italiano per una parte è fascista – forse non è un caso che Freud proprio nel 1921 scriva “Psicologia delle masse e analisi dell’io” nel quale si evidenziano i meccanismi che portano le masse ad identificarsi con un capo carismatico – elemento di totalitarismo intrinseco – elemento antidemocratico – manca la chiave critica, l’autorevolezza – che non è autoritarismo – Lenina/Mafalda nasce in questo ambiente – questo nella prima parte – la seconda parte parla dell’incontro di Mafalda con la Resistenza – incontro anche emotivo – antifascismo – è l’incontro col tenente Gino – osmosi fra vita e storia – la volontà di affermare i propri valori, le cose che contano – incontro che è un dialogo fra la vita e la storia

Intervento di Marco Savelli 2: è lo zio Guglielmo che presenta Mafalda al tenente Gino – Guglielmo che insieme all’amico Garosi decide di dar luogo a Montecucco ad una banda partigiana – il tenente Gino gravita nella zona di Murci – Mafalda si fa mediatrice fra il tenente Gino e un membro del CLN che vuole coartare la sua banda all’interno della sua compagine – Gino rifiuta – ma si rende disponibile a collaborare – Mafalda ne rimane affascinata: fermezza e autonomia dalle influenze – impatto sulla psiche di Mafalda, trauma – la liberazione della provincia di Grosseto – la liberazione di Manciano e Cinigiano – incapacità successiva a ristabilire rapporti di convivenza con i propri paesani – i fascisti del ventennio vengono riciclati e reinseriti nelle nuove formazioni politiche e partitiche – i partigiani subiscono una sorta di emarginazione, di ostracismo, anche a Cinigiano stessa – desiderio di emigrare e andare in Svizzera, a Lugano – dimensione tragica della storia: persone che hanno messo a disposizione la propria vita si trovano costrette, dopo la liberazione, in una condizione di misconoscimento – i giusti – chi si affanna per creare un mondo migliore, diverso – negata la propria identità – questione fondamentale – la negazione di se stessi è un fatto tragico – in un volumetto recente intitolato “Tango connection” nel quale si ipotizza, addirittura subito dopo l’8 settembre una connessione fra Cosa Nostra, la repubblica di Salò e i servizi segreti americani per tramare contro la già fragile democrazia italiana – il sacrificio di tutti coloro che si sono spesi per un mondo migliore, allora, che senso ha se in quanto democrazia italiana siamo parte di un disegno più grande che non possiamo controllare? – tutto emerge dagli archivi storici di Londra e Washington – compreso il successivo stragismo –  la vita e la storia si incontrano e dialogano: Mafalda e il tenente Gino – una reciprocità umana: la costruzione di un mondo futuro – “Diario partigiano” di Ada Gobetti: il senso profondo della Resistenza è stato quello di sperimentare fra i compagni di Resistenza la dimensione della reciprocità.

Intervento di Marco Savelli 3: da Machiavelli a Max Weber ci viene insegnato che la politica è volontà di potere – Il fine è il bene comune ma si parte da un presupposto sbagliato: si pensa che la società sia divisa da interessi diversi – invece gli esseri umani sono profondamente uniti: la mia interpretazione e la mia visione del mondo è che il denaro, il capitale e il mercato costituiscano elementi di divisione fra le persone: il romanzo di Mafalda si pone agli antipodi di questa posizione e per questo mi è molto piaciuto e mi ha profondamente commosso.

Massimiliano Cavallo

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