Le nonne di Camilla

Nell’estate del ’66, mia nonna Ada decise di portarmi a Roma a casa di sua sorella Alma per trascorrere una breve vacanza e visitare la capitale. Con la zia Alma, oltre a suo marito Alfiero, viveva la bisnonna Maria Clotilde che all’epoca aveva la bella età di ottantasei anni, essendo nata nel 1880.
Alma era la sua primogenita (e preferita, sosteneva mia nonna), per cui, una volta rimasta vedova, aveva deciso di trasferirsi a casa sua, appunto a Roma, con grande disappunto di mia nonna che si era sentita messa da parte.
Erano ormai passati più di quindici anni, i malumori si erano stemperati e ogni tanto Ada faceva un salto a trovare le sue congiunte.
Quell’estate, avevo appena dato gli esami di quinta elementare, decise di portare anche me per farmi vedere San Pietro, il Colosseo, la Fontana di Trevi e quant’altro.
Io avevo inoltre chiesto espressamente di visitare il giardino zoologico.
Così, una mattina di luglio, calda e soleggiata, prendemmo un taxi per recarci lì.
La bisnonna, generalmente piuttosto assente, quando sentì che andavamo allo zoo, decise di accodarsi.
Mia nonna cercò di distoglierla in ogni modo, ma niente.
“Mamma, dai, è talmente caldo. Poi finisce che ti senti male. Dimmi se ti viene un collasso, come facciamo?”.
“Eccola Ada – rivolta a me – Tua nonna, cara Camilla, è proprio la stessa, sempre. La stessa: noiosa, petulante. Ora dimmi , mi deve venire un collasso, secondo lei. Poi rivolta alla nonna: – “Lo capisci perché ho deciso di vivere con Alma? Perché tu sei una prepotente, comandona. Io, cara mia, ho un’età libera, dico quello che mi pare, faccio tutto ciò che voglio. E oggi vengo con te e soprattutto con la bimba, capito?”.
Ada era furibonda, aveva una faccia paonazza, tanto che cominciai a temere che il collasso venisse a lei.
Poi si rassegnò e salimmo tutte e tre sul taxi.
Le due donne continuavano a discutere su tutto. Il tassista ridacchiava.
Quando scendemmo, mentre loro litigavano, l’uomo si rivolse a me: “A regazzì, auguri. Co’ ste due sarà dure. Dai retta, lasciale allo zoo insieme ai leoni”. E strizzò l’occhio.
Io ero perplessa e un po’ preoccupata.
Poi cominciammo a passeggiare nel parco. Ero molto affascinata dagli animali. Gli orsi, le tigri, i coccodrilli e soprattutto il leoncino con cui mi feci l’immancabile foto.
Maria Clotilde e sua figlia non si chetavano un attimo.
Si rinfacciavano a vicenda le cose peggiori, dalle disubbidienze di Ada bambina a quando la madre era andata in vacanza con Alma, lasciando la figlia minore con la domestica.
“Sei stata una mamma snaturata!”.

“Certo, eri tremenda, ci avresti rovinato la vacanza. E a quei tempi, cara mia, al mare si andava raramente, figuriamoci se ti portavo dietro, capricciosa e belona com’eri”.
Praticamente, in un paio d’ore, ripercorsero tutta la loro vita di continuo conflitto, a partire dal 1905, anno di nascita di mia nonna, fino al 1950, anno del trasferimento di Maria Clotilde a Roma.
Se ne dissero davvero di tutti i colori. Io non sapevo se preoccuparmi o ridere, ma, alla fine, optai per quest’ultima ipotesi, dato che le due mature signore erano litigiose, ma anche molto buffe.
Entrambe indossavano originali cappellini, quello della nonna di paglia con decorazioni di frutti colorati di plastica, mentre Maria Clotilde si riparava dal sole con uno stranissimo turbante che mi faceva pensare alle Mille e una notte.
“Sei ridicola con quelle ciliegie sulla testa!”.
“Eccola, ha parlato Pasqualina Marajà. Sembri una appena uscita dal manicomio!”.
E così via.
Intanto a me era venuta fame, ma loro erano prese dagli antichi rancori e mi ignoravano.
“Nonne – dissi a un certo punto – io vorrei mangiare qualcosa”.
“Camillina, hai ragione – disse la nonna. – Questa pazza mi manda fuori di testa, mi fa scordare anche le tue giuste necessità”.
“Pff, figuriamoci! – rispose l’altra – Non sei mai stata attenta a niente. Quando avevi i figli piccoli, la tua mamma e tuo zio, Camillina, li trascuravi sempre per imbellettarti, meno male che c’ero io a parare i tuoi sbagli!”.
“Ma che dici? Come ti permetti?”.
E lì capii che per il momento non si parlava di mangiare.
Dopo altri dieci minuti di insulti, Maria Clotilde si erse in tutto il suo metro e cinquantacinque e urlò in faccia alla figlia.
“Ma tu pensi che io non sapessi che avevi un amante nel ’35 e che Paolo non è figlio di tuo marito, ma di quel bellimbusto di Gilberto, il giardiniere?”.
Mia nonna impallidì, poi diventò verde. “Ma cosa stai dicendo, ma sei scema del tutto? È l’arteriosclerosi che ti fa dire certe cose! E di fronte alla bambina, per giunta!”.
Ero allibita, ma anche incuriosita dal fatto che mia nonna, tutta casa e chiesa, potesse aver avuto un amante.
“Non ci credere, Camilla, lei è una vecchia rimbambita. E soprattutto, mi raccomando, non lo dire a nessuno, né a tua madre né tanto meno a tuo zio Paolo! Ti rendi conto che tragedia sarebbe se qualcuno prendesse sul serio questa demente?”.
Eravamo davanti al recinto degli orsi, ma i numerosi visitatori avevano smesso di guardare gli animali per ascoltare la conversazione urlata delle mie nonne. Che finì nel peggiore dei modi.
Ada ricoprì di insulti la madre che, alla fine, brandì il suo vezzoso ombrellino da sole e cominciò a darlo violentemente addosso alla figlia.
Non sapevo cosa fare. Poi un signore divise le due donne e gentilmente chiamò un taxi. Ma le due rifiutarono di salire insieme, così la bisnonna tornò a casa col primo taxi, io e la nonna col secondo.
Inutile dire che la sera stessa partimmo e nessuno aveva provveduto a prepararmi un pasto. Avevo mangiato solo qualche frutto trovato a casa della zia Alma che, mossa a pietà, preparò in fretta e furia qualche panino e me li dette perché li consumassi in treno.
Naturalmente non tornammo più a Roma e non toccammo più l’argomento della “conversazione” avvenuta al giardino zoologico.
Maria Clotilde morì tre anni dopo e mia nonna non andò neppure al funerale.
Non ho mai riferito a nessuno ciò che la bisnonna aveva detto sulla presunta relazione di Ada, ma ci ho pensato spesso.
Da allora, mi è capitato di guardare mio zio Paolo con una certa curiosità per vedere se i suoi lineamenti avessero qualcosa di diverso rispetto alla nostra famiglia. A volte mi è parso di sì, a volte di no.
E mi è rimasto un dubbio che nessuno mi potrà fugare.
Maria Clotilde era in pieno delirio arteriosclerotico quel giorno allo zoo oppure davvero mia nonna…
Certo è che Ada, dopo quella gita romana, si comportava come se io e lei avessimo un’intesa particolare.
Forse perché era vero? Oppure solo per l’imbarazzo che potessi aver creduto alla “rivelazione” inventata da Maria Clotilde per pura cattiveria? Nessuno lo saprà mai.

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