La sartina di Maria Antonietta

«Una donna che non aveva se non gli onori senza il potere; una principessa straniera, il più sacro degli ostaggi; trascinarla dal trono al patibolo, attraverso ogni sorta d’oltraggi… Vi è in ciò qualcosa di peggio del regicidio»
(Napoleone a proposito della morte di Maria Antonietta)

Margot ricordava la sua infanzia come un periodo molto felice.
Odette, sua madre, era la sarta della regina e, checché ne dicesse la gente, Maria Antonietta era una vera signora, gentile, generosa, sorridente. Certo, era una sovrana. Mai nessuno della famiglia di Margot aveva pensato di rivolgersi a lei con un atteggiamento meno che deferente.
Erano orgogliosi i suoi genitori di essere al servizio di una così splendida signora. Sì, perché anche suo padre Jean lavorava per lei. Curava i cavalli, puliva le stalle e provvedeva a tutte le necessità dei cocchieri e dei valletti quando dovevano occuparsi degli spostamenti della regina.
Ma la persona più importante della famiglia era Odette che, per la sua specifica funzione, viveva molto a contatto con Maria Antonietta e con le sue dame di compagnia. Cuciva vestiti, ma, soprattutto, li aggiustava, perfezionava ogni linea, ogni cucitura con infinita competenza e dedizione.
Margot aveva tredici anni quando c’era stata la presa della Bastiglia e le cose avevano cominciato a cambiare. Il perché proprio non lo capiva. Ma c’era un’atmosfera di paura e di violenza, si diffondeva sempre più anche tra il personale di servizio.
Molti di loro, in breve tempo, da fedeli servitori, erano diventati rivoluzionari, non erano più gli stessi.
I suoi genitori, invece, avevano mantenuto il loro impegno.
Non avrebbero abbandonato la regina, qualunque cosa fosse accaduta.
La vita valeva poco, a Parigi, in quel tempo.
Bastava ben poco per essere considerati reazionari e processati rapidamente e senza appello.
Così Jean, il laborioso genitore di Margot, fu ucciso durante l’assalto alle Tuileries, nel 1792.
Odette e Margot rimasero vicino alla regina, con un gruppetto di donne spaventate, in attesa di un destino che non poteva essere peggiore.
Nel gennaio del 1793, fu ghigliottinato il re Luigi XVI, oramai tutto era perduto, ma lo fu completamente nell’agosto dello stesso anno, quando la regina, ormai detta con disprezzo vedova Capeto, fu arrestata.
Odette si trovava nei suoi appartamenti in quel momento e i gendarmi la malmenarono in malo modo.
Margot, diciassettenne, riuscì a fuggire, piangendo. Glielo aveva chiesto sua madre : “Ti prego, piccola mia, fuggi e vai lontano da qui, non dire mai chi sei e non mi cercare. Qualunque cosa accada, tu devi vivere”.
Così la ragazza, spaventata e sola, scappò rifugiandosi prima in una chiesa abbandonata, poi in un mulino e infine, ormai sfinita, si accasciò di fronte a una grande casa nei pressi di Parigi.
Era talmente distrutta che perse i sensi.
Si svegliò in una camera semplice, ma pulita.
Una donna piuttosto anziana disse di averla trovata sulla porta di casa sua e di averla portata in casa con l’aiuto del marito.
Disse di chiamarsi Annie Menières.
Dopo poco giunse Louis, suo marito. Margot era spaventata, sporca e si vergognava di trovarsi lì, tra sconosciuti, pur gentili.
Non voleva rivelare di essere la “sartina” della regina (sì, perché negli ultimi anni aveva aiutato spesso sua madre), così raccontò di essere una contadinella e che la sua casa era bruciata e i suoi genitori morti (questo era vero per quanto riguardava il padre e, forse, chissà, pensò con dolore, anche Odette era stata uccisa).
Annie si offrì subito di ospitarla. Suo marito era un mercante e avevano disponibilità.
“Ho sempre desiderato una figlia femmina – disse – e tu sei così carina, dolce. Puoi vivere con noi, almeno fino a che non deciderai cosa fare della tua vita”.
Margot accettò l’invito, anche perché proprio non avrebbe saputo dove andare e i coniugi Menières sembravano brave persone.
Così cominciò ad aiutare Annie nelle faccende di casa e anche a cucire (era piuttosto brava) utilizzando pezze di tessuto che avanzavano dai commerci di Louis.
Sapeva ricamare, rammendare, aggiustare ogni tipo di abito e questa sua abilità fu notata da Annie che le procurò un lavoro presso Marie, una sua parente che cuciva abiti per le donne di Parigi (non le nobili, naturalmente).
Margot era abbastanza scioccata da ciò che stava avvenendo.
Ormai i rivoluzionari erano la maggior parte, il popolo era inferocito e anche le persone tranquille come la sua principale ritenevano che i sovrani fossero stati dei veri lestofanti, in particolare Maria Antonietta, l’austriaca, che tutti dipingevano superficiale e stupida, crudele e di costumi discutibili.
Lei avrebbe voluto difenderla, ma non poteva.
Tanto più che il figlio di Marie, ventenne prestante e decisamente bello, era un rivoluzionario. E a lei piaceva, inutile nasconderlo.
Charles, con la sua alta statura, gli occhi neri ed il volto dai lineamenti perfetti, le faceva un certo effetto. Anche il suo essere rivoluzionario era affascinante, lo rendeva così deciso, carico di energia…
Margot era molto graziosa, ma ancora non lo sapeva, e fu perciò molto sorpresa quando notò che anche Charles era attratto da lei.
Così, in breve, cominciarono a parlare spesso, la sera, quando lei smetteva di lavorare e sentiva che tra di loro si stava creando una piacevole tensione.
Il 16 ottobre, Charles le disse che doveva portarla a vedere una cosa importante. Lì per lì ne fu lusingata. Poi capì. Si trattava dell’esecuzione di Maria Antonietta, la signora, la regina, colei a cui i suoi genitori erano stati sempre fedeli.
Ma non poteva rifiutarsi, altrimenti avrebbe dovuto spiegare e questo avrebbe potuto metterla in pericolo.
Così, a braccetto di Charles, si trovò ad assistere a un vero orrore che pareva però soddisfare molto tutti gli altri, compreso il suo ragazzo.
Quando la testa della regina rotolò tra le grida della folla, Margot svenne in braccio al giovane per cui provava teneri sentimenti.
Quando si riprese, notò una figurina grigia e magra che la guardava. Era Odette, ormai ridotta a un’ombra, denutrita e sicuramente malata. Avrebbe voluto chiamarla e stringerla, ma lei fece un semplice gesto di diniego e mise il dito indice sulla bocca a indicare silenzio.
La lasciò nelle braccia del suo innamorato, mentre sia alla figlia che alla madre lacrime scorrevano copiose sul viso.
Un addio carico di reciproco amore, lì sotto al patibolo, segnò per Margot l’inizio dell’età adulta e la fine dei sogni.

Fulvia Perillo

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