I Corsari e la Maremma

TITOLO:
I Corsari e la Maremma 

AUTORE:
Massimo De Benetti
Piergiorgio Zotti 

FORMATO: brossura
PAGINE: 170
EDITORE: Effigi
COLLANA: Microcosmi
ISBN: 978 88 6433 054 9
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2010
PRODUZIONE: C&P Adver di Mario Papalini
PREZZO: euro 18,00
eBook
: euro 5,00

È possibile acquistare il libro e/o l’e-book dalla scheda del libro sul sito di Edizioni Effigi con pagamento immediato mediante PayPal oppure con bonifico o bollettino postale.
In alternativa nella sezione Effigi del sito Ebooksitalia.

Questo libro è un ibrido. E’ un ricchissimo mosaico costruito utilizzando tessere di linguaggi diversi ma assemblate senza che se ne indovinino i punti di contatto. E’ un saggio storico, ma è anche il catalogo di una mostra, può essere letto come un romanzo e possiede le medesime caratteristiche di immersività proprie di un albo a fumetti, ma anche l’autorevolezza della monografia che riporta le riproduzioni di documenti originali d’epoca.

Al testo infatti si alternano, oltre a bellissime riproduzioni delle carte nautiche dei secoli passati, le evocative tavole a colori di Massimiliano Longo che raccontano attraverso la cifra che è loro propria (cioè con una buona dose di incanto e di romanticismo) le numerose storie e le avventure affascinanti di cui si compone la vicenda dei corsari nella Maremma toscana.

Il dato indiscutibile che emerge dalla lettura di questo volume è che pirati e corsari hanno lasciato tracce indelebili nella storia di numerose comunità locali e hanno frequentato le coste della Toscana, e della Maremma in particolare, dalla notte dei tempi. In maniera preponderante sono stati i corsari dell’impero Ottomano nel corso del XVI secolo ed oltre ad imprimere con decisione il loro segno nella storia locale. La reputazione del pirata Barbarossa (Kahir ed Din per l’”anagrafe” turca) cammina a metà strada fra la storia e la leggenda per l’aura di terrore grandioso che il solo suono del suo nome poteva suscitare nel corso dei primi decenni del Cinquecento in un luogo qualsiasi delle terre cristiane

Forse, però, pochi sanno che Kahir ed Din era, a sua volta, un greco cristiano ortodosso convertito all’Islam e originario dell’isola di Miltilene nell’arcipelago dell’Egeo. Che iniziò la sua carriera piratesca (un criminale, si direbbe oggi) al seguito del più intraprendente e anziano (ma forse meno acuto e dotato) fratello Aruj, detto Oruccio per poi scalare la piramide sociale fino alla sua sommità diventando Kapudan Pascià, cioè ammiraglio dell’intera flotta Ottomana, alle dirette (ed esclusive) dipendenze del Sultano. Giunto alla morte nel 1546 la sua tomba, situata all’entrata del Bosforo, divenne mausoleo al quale tutti i successivi ammiragli andavano a rendere omaggio prima di partire alla volta di nuove imprese.

L’odierno Maghreb era diventata la base sua e di tutta la schiera di gente corsara che insidiava in quegli anni la tranquillità agognata dai commercianti del Mediterraneo. Algeri in particolare divenne la capitale della guerra di corsa e tutti i bej (signori, reggenti) che vi si sarebbero alternati erano l’apice di una società che si sosteneva quasi esclusivamente assaltando navi da carico o di un qualsiasi altro tipo. Una provincia ottomana sicuramente turbolenta ma che assicurava al Sultano la riscossione di tributi ricchissimi.

Da lì Barbarossa partiva non solo per predare, ma anche per scompaginare le altrui trame politiche e inserirsi come un granello di sabbia nei delicati ingranaggi diplomatici di un Europa cristiana debilitata dal morbo luterano:

“Kahir ed Din partì con la sua formidabile armata, forte di centocinquanta navi da guerra, oltre quelle da carico e il naviglio della pirateria turco barbaresca al seguito. Arrivata la flotta ottomana nello stretto di Messina, la città di Reggio fu assaltata, tremendamente saccheggiata e bruciata; nella circostanza il vecchio Barbarossa fece rapire la giovane e bella figlia del Governatore della città, di cui si era invaghito, la obbligò a convertirsi all’Islam e la sposò.

Continuando il suo viaggio la potente flotta turca – la più grande mai vista fino allora e a cui nessuno poteva opporsi – mise a ferro e fuoco i lidi e le isole della Calabria, della Campania e del Lazio, facendo grandi prede, rifornendosi di viveri, riducendo in schiavitù migliaia di cristiani catturati.”

Ancora meno saranno coloro a conoscenza di un personaggio storico locale che a questa leggenda inferse un duro colpo. Su di lui ha spirato il vento dell’oblio. Si chiamava Bartolomeo Peretti ed era di Talamone:

“La Maremma è attraversata dai venti. Se la tramontana dura sette giorni, dicono le vecchie, qualcuno si impicca. Poi c’è quell’altro, un vento occulto che soffia sempre e porta via secoli e ricordi. Smemora come nei deserti, nelle vastità gelate del polo, è oblio, dimenticanza. Più in fretta si tarlano i mobili, si sbriciolano i mattoni, perché sono il rito, la festa e la memoria, permettono il riannodarsi del tempo, la chiocciola che si avvolge all’incontrario. Ed ecco che vi diciamo: leggete del vostro eroe, di Bartolomeo Peretti, la sua vita e le sue imprese. La sua umiltà, la sua fedeltà al destino scatenarono l’odio del Barbarossa. Il più grande corsaro di tutti i tempi fu vinto da questo soldato, fu lui a piegarlo, a costringerlo ad abbandonarsi all’odio cieco, ultimo disonore per un guerriero.”

E’ andata proprio così. La sua vita è stata un crescendo; il mestiere delle armi lo imparò in Lombardia al seguito di Giovanni de’ Medici, meglio noto come Giovanni dalle Bande Nere la morte del quale significò il via libera per le schiere lanzichenecche che nel 1527 presero a sacco Roma.

Una decina di anni più tardi Bartolomeo si lamentava per lettera con la repubblica di Siena che non faceva nulla per arginare il pericolo barbaresco che infestava la costa: Siena non possedeva una flotta pur risultando evidente quanto ne avesse bisogno. Decise così di fare di testa sua: in qualche modo riuscì ad acquistare una galera e con quella si pose a difesa della sua terra. Non si fece mancare qualche temeraria scorreria (una in particolare nei mari della Corsica fu molto fortunata) e i successi, il prestigio e i soldi iniziarono a benedire le sue gesta. Acquistò una galeotta e poi, più avanti, un’altra galera. Con il solo aiuto delle sue mani, del suo talento e della sua pervicacia, dunque, si mise a capo di una piccola flotta e con essa ritenne di avere l’essenziale per andare a procurarsi bottino in casa dell’invincibile nemico, là dove quest’ultimo meno se lo aspettava.

La proposta fu presentata ai Cavalieri di Malta. Il Gran Maestro, però, prima tergiversò poi non ritenne opportuno mettere a repentaglio se stesso e i suoi cavalieri in un’impresa tanto folle. Molti dei cavalieri erano francesi e la Francia era, in quei giorni, alleata del Turco: l’enorme flotta di Kahir ed Din, forte di 150 legni, era all’ancora nel porto di Marsiglia, per questo il talamonese mordeva il freno. Così:

“Bartolomeo Peretti allora, con grande coraggio, decise di effettuare da solo la scorreria nel Levante. Tale impresa era già da considerarsi al limite della temerarietà se compiuta insieme ai cavalieri Gerosolimitani, ora era da considerare una pazzia se il Peretti, pur dando prova di notevole audacia, l’affrontava da solo con le sue tre navi solamente. Ma come suol dirsi, la fortuna aiuta gli audaci, tanto più che nessuno nel Levante si poteva aspettare un simile attacco.

Con le sue poche navi Bartolomeo Peretti prese di sorpresa e scorse le isole dell’Egeo, quasi a sfida giunse perfino all’imbocco dei Dardanelli in vista di Istanbul, la capitale dell’Impero turco, al ritorno assalì addirittura l’isola di Lesbo, patria del Barbarossa, e pose a sacco e incendiò la sua villa nei pressi di Mitilene portando via i suoi servi e sudditi.”

Questo non piacque affatto al Barbarossa che lo venne a sapere durante suo soggiorno marsigliese. Appena fu possibile riprendere il mare, alcuni mesi più tardi, con la bella stagione nella tarda primavera del 1544, dispiegò la sua vendetta implacabile, saldando tutti i conti che aveva in sospeso. Peretti nel frattempo era morto di “mal di pietra” (calcolosi). A farne le spese furono allora i suoi resti dissotterrati, dati alle fiamme e sparsi per la campagna in modo che la sua anima non potesse beneficiare di alcun sollievo per l’eternità. Poi toccò a Talamone, ai talamonesi e a tutto il circondario: Montiano, Porto Ercole e soprattutto l’isola del Giglio che dopo strenua e caparbia resistenza fu saccheggiata, bruciata e distrutta; ai capitani fu tagliata la testa e l’intera popolazione (seicentotrentadue abitanti) fu deportata, resa schiava e messa al remo delle galere turche (anni dopo per ripopolare la deserta Isola del Giglio fu necessario chiamare le genti di Pienza).

Ecco cosa accadde. Fu proprio in quegli anni che emerse in tutta la sua importanza il valore strategico (e dunque politico) che l’Argentario avrebbe potuto significare se adeguatamente saputo gestire e governare. Non a caso dopo alcuni anni anni Filippo II, re di Spagna, vi stabilì i Reali Presidi spagnoli.

Quest’ultima razzia, comunque, mise in ginocchio per molto tempo l’intera regione. Del resto ce n’erano state numerose altre a partire dall’inizio del secolo, molte delle quali circondate da un’aura di terrore ma anche di mistero favoloso. La più famosa delle quali è senza dubbio quella che vede protagonista la bella (e leggendaria) Marsiglia, la giovinetta senese dai capelli rossi e dal temperamento di fuoco che, rapita e portata al cospetto del sultano, ne divenne presto la favorita prima e la moglie poi, generando (forse) il futuro sultano Selim II. La famosissima Roxellana. Ma, appunto, qui ci troviamo proprio nel campo della congettura ammantata di leggenda. Leggenda che però molto ha nutrito l’immaginario popolare (e non) fino alle veglie accanto al camino delle nostre nonne.

Sono storie come queste che hanno disegnato i margini identitari di un territorio, che hanno spiegato il senso di un passato lontano che in qualche modo è servito a definire anche il presente, che sono riuscite nel difficile compito di cogliere il significato profondo delle cose attraverso l’artificio della letterarietà. Attraverso un’immagine. C’è chi ha affermato che soltanto la letteratura può veramente arrivare al cuore della verità storica. Un tesoro segreto, un bagliore, un drago, l’isola immaginaria.

Certamente lo sapeva bene Alexandre Dumas (padre) alla cui fantasia si deve quel capolavoro della letteratura di tutti i tempi (e di tutti i luoghi) che è il Conte di Montecristo. Arcipelago toscano, a metà strada fra Giglio e Corsica (più o meno). Isola rupestre, sede di un antico monastero. Del favoloso tesoro dell’isola di Montecristo si comincia a parlare almeno dal XVI secolo. Si deve alla penna di un monaco camaldolese la descrizione di una delle prime incursioni con pala e piccone:

“nell’aprile del 1670 si partirono dalla Corsica circa quindici persone in una gondola, per aver trovato uno di loro un libro, il quale significava che sotto l’altare (della chiesa di San Mamiliano a Montecristo) vi era un tesoro di inestimabile valore; dove arrivando sani e salvi …” salirono l’erta dell’isola deserta su su fino ai ruderi abbandonati della chiesa e del monastero, si misero febbrilmente alla ricerca e “dopo un lavoro di quindici giorni e quindici notti trovarono alcuni pignattelli pieni di cenere e furono necessitati di lasciare l’opera, apparendoli alcune figure di zanni (fantasmi)”. Queste testimonianze di ricerca si trovano all’Archivio di Stato di Firenze e all’Archivio di Stato di Pisa.”

I fantasmi popolano questi racconti, insieme alle pentole sotterrate o ai forzieri nascosti, pieni di monete ma guardati dagli spiriti dei trapassati, dai draghi o da esseri misteriosi che trasformano l’incauto ricercatore in cenere o in foglie secche. Nei racconti della tradizione rurale contadina della Maremma il patrimonio leggendario è legato a doppio filo con i pirati e i loro tesori nascosti, veri o figurati, e in special modo con Barbarossa, personaggio a tal punto esuberante da esorbitare nel mondo delle favole.

I Corsari e la Maremma prosegue raccontando del gallo di Tirli, dell’isola immaginaria di Zanera per continuare con i cavalieri di Santo Stefano e giungere alle vicende corsare dei secoli XVIII e XIX fra stampe, dipinti stemmi, riproduzioni… Il mosaico che ritrae la Maremma da un punto di vista preciso, quello autorizzato dalla lettera di corsa e di rappresaglia, eppure fondamentale per comprendere per intero una parte importante dell’immaginario di un territorio.

Un progetto ambizioso, composito e strutturato secondo diverse declinazioni, uno sforzo corale che si deve all’impegno di un gran numero di studiosi, artisti, enti ed istituti.

 

a cura di: Massimo De Benetti e Piergiorgio Zotti
Testi: Angelo Biondi (capp. IV, V, VI, VIII e XI), Massimo De Benetti (cap X e glossario illustrato), Mauro Papa (capp. I, II, VII, IX, XII e cronologia storica), Piergiorgio Zotti (introduzioni ai capitoli)
Illustrazioni: Massimiliano Longo
Realizzazione: C & P Adver > Mario Papalini
Impaginazione e grafica: Silvia Filoni
Referenze fotografiche: Biblioteca Comunale Chelliana, Trustees of The British Museum, National Maritime Museum di Londra, Carlo Bonazza, C&P Adver, collezioni private, Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana.

Massimiliano Cavallo

 

 

Commenti

10 commenti a “I Corsari e la Maremma”


  1. massimo ha detto:

    Vorrei sicuramente acquistare l’ebbok ma come si fa? Non vedo nulla da cliccare.

  2. […] fatta l’11 aprile 2011. Si parla del volume I corsari e la Maremma di cui qui si può leggere una presentazione ( lettura consigliata) e di cui Piergiorgio Zotti è uno degli […]

  3. giuseppe Ulivi ha detto:

    anch’io ho tentato di acquistare l’ebook con due valide carte di credito,ma non ci sono riuscito.Come posso fare?

    • Massimiliano Cavallo ha detto:

      Ciao, ho appena segnalato il problema all’editore ma credo che la faccenda sia di competenza ebooksitalia che gestisce la vendita on-line dei libri elettronici. Ho segnalato la cosa anche a loro.

      • eBooksItalia Servizio Clienti ha detto:

        Gentili Signori, non comprendiamo che cosa stiate facendo.
        Altri stanno acquistando regolarmente, seguendo le procedure di acquisto chiaramente indicate ed utilizzando carte di credito VISA e MASTERCARD
        Siete stati invitati per e-mail a spiegarci che cosa esattamente state facendo. Attendiamo risposta.

  4. silvano terranzani ha detto:

    anche io ho provato con la carta di credito ma non sono riuscito ha sempre rifiutato
    domani vi faccio il vaglia postale per una copia ex libris
    il mio ordine è 20121224164006-124 del 24.12
    nell’occasione BUONE FESTE

  5. silvano terranzani ha detto:

    sono sei mesi che ho fatto il vaglia ma ancora non ho ricevuto nulla per me potete cambiare mestiere

  6. Giuseppe.B ha detto:

    Presupponendo in buona fede di non aver letto BENE e accuratamente la scheda della versione ebook di questo libro, mi sembrava di aver capito come sopra indicato “Al testo infatti si alternano, oltre a bellissime riproduzioni delle carte nautiche dei secoli passati, le evocative tavole a colori…” che invece non ci sono nella versione ebook. Almeno potevate scriverlo però!!! attendo gentilmente una vostra replica grazie

  7. Amministrazione ha detto:

    Siamo spiacenti per tutti gli inconvenienti. La nostra casa editrice non è responsabile della vendita dei nostri e-book su ebooksitalia.com. Da diversi mesi abbiamo interrotto la fornitura e stiamo vendendo direttamente dal nostro sito (PayPal, bollettino postale o bonifico).
    L’ebook “I corsari e la Maremma” è privo di immagini poiché le numerose illustrazioni non sono compatibili con le caratteristiche del formato epub. Saremmo lieti di inviare al Sig. Giuseppe una copia del libro in omaggio.

    Lo staff di Edizioni Effigi

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