Donne partigiane al ciclo di incontri “Leda e le altre”: Norma Parenti

Nel continuare il ciclo Leda e le altre, che prende il nome da un capitolo del libro su Leda Antinori, (di Anna Paola Moretti e Maria Grazia Battistoni ed. ANPI sez. di Fano) ciclo iniziato con il testo di Laura Artioli su Lucia Sarzi, l’obiettivo è di far conoscere dopo la storia di Leda, la storia di altre donne partigiane, donne avvolte nel silenzio e di cui la storiografia non si è mai occupata. Questa è la volta di Norma Parenti, figura bellissima di donna libera, generosa, coraggiosa, vittima dei nazifascisti il 23 giugno ’44; siamo nel grossetano, presso il podere Coste Botrelli, il giorno prima dell’ingresso a Massa Marittima della V Armata degli Alleati al comando del generale Alexander.

Il libro che è stato scritto con rigore ma anche con passione ed empatia nei confronti di Norma, si sviluppa attraverso 36 testimonianze orali e racconti riferiti; come viene ricordato nel testo, è stato un lavoro di restituzione e non di appropriazione poiché forse nel paese di Massa Marittima c’era di Norma una conoscenza confusa. (noi siamo andate a cercare Norma). Molto interessante l’album di fotografie inserito nell’ultima parte del libro, dove Norma appare bambina, ragazza, con le amiche e i familiari, poi con il fidanzato, lo sposo, il figlio fino al ’44. Foto che stimolano non solo interesse ma pensiero e riflessione, foto che ci mostrano anche l’invisibile: gli affetti, le speranze, la consapevolezza e le diversità.

Collegare queste due donne, geograficamente così lontane, mette in evidenza e collega la vasta schiera di donne che hanno fatto la Resistenza, spesso quella senz’armi, quella civile e che tuttavia ha reso possibile, nelle sue svariate forme, la guerra di liberazione.

Dopo gli studi e le testimonianze emerse solo negli anni ’70 , ci sono nuovi contributi e biografie per opera di giovani storiche, direi molto recenti, che utilizzano nuovi saperi per cercare di approfondire i comportamenti delle donne, dettati non sempre da scelte ideologiche ma da motivazioni di solidarietà, di tutela, di radicamento in una comunità e in una rete di rapporti sociali consolidati. C’è stato il grande silenzio delle donne e dei testimoni per paura, per convenzione, in una società che negli anni ’50 sospettava e condannava e che collocava le donne in una posizione di subalternità.

Ora non si tratta di aggiungere la storia delle donne ad altro ma di reinterpretare alla luce di nuove esperienze e testimonianze non più reticenti, la Resistenza. Desideriamo ricostruire il tessuto che unisce le esperienze di queste donne, anche se i contesti sono diversi e i percorsi individuali attraverso cui sono arrivate a quelle scelte, differenti. Alcune come Norma, hanno agito pubblicamente in maniera visibile esponendosi pericolosamente; altre come Leda, diversa per età e formazione familiare, hanno agito in maniera più silenziosa e nascosta; tutte hanno compiuto un percorso di consapevolezza e di assunzione di responsabilità.

Maria Grazia Battistoni (coautrice del libro Leda. La memoria che resta)

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